“Calabrotta” è termine con cui si indicavano le ragazze che abbandonavano il Sud per sposare un giovane, ma non solo, delle nostre montagne. Intorno alla vicenda d’amore e di vita di Maté e Carmela si sviluppa il romanzo di Giovanni Martini che diventa occasione per rivisitare il mondo dell’alta Valle Grana negli anni Sessanta del secolo scorso.
Una premessa definisce le coordinate economiche e sociali del romanzo composto da piccoli quadretti. Al tramonto del boom economico, i giovani di montagna sono ancora allettati dalla vita urbana, dal lavoro nelle fabbriche per sfuggire alla fatica delle attività sui versanti montuosi. È un tempo che oggi appare sospeso tra il passato e un futuro che nel giro di qualche anno si concretizzerà in rapidi mutamenti dei costumi.
Maté resiste alla tentazione, nonostante i racconti dei suoi amici, ma sente il bisogno di avere una compagna accanto: al parroco in confessione confida il desiderio di trovare una donna disposta a condividere la vita e il lavoro sulle sue montagne. La dimensione privata si insinua rapidamente tra le pagine e sostiene per la vicenda un’atmosfera di tenerezza e semplicità che rende narrabile ciò che sarebbe “solo” testimonianza etnografica.
È lo stesso don Marco, pur non avvezzo a combinare matrimoni, a metterlo in contatto con Carmela, ragazza di Santo Stefano in Aspromonte sulla punta meridionale della penisola. È usanza abbastanza diffusa, ma per Maté e Carmela è sincero incontro d’amore nonostante le comprensibili titubanze iniziali. È da leggere con attenzione il breve capitolo dedicato al viaggio del giovane verso la Calabria scandito da luoghi i cui nomi conosce come reminiscenze delle elementari. Tocca con mano la geografia di un’Italia veramente “lunga”, dove i chilometri misurano distanze culturali.
Ma il mondo che descrive l’autore ha coordinate di disponibilità e di accoglienza. Non annota mai problemi nell’integrarsi di Carmela nel paese di Maté. Solo alla fine, parlando dei nuovi migranti, in cui i due ormai “vecchietti” si rispecchiano, lascia intuire che qualche difficoltà c’è stata.
I giorni della coppia sono altrettante occasioni per aprire finestre su usanze, lavori, problemi delle borgate di alta montagna. Sempre affrontati senza trascendere nel drammatico, piuttosto vissuti in un clima di comunità familiare prima e paesana poi.
È in tale prospettiva che Maté e Carmela guardano “molti anni dopo” le novità che hanno cambiato il loro mondo. I giovani, le relazioni con i genitori, un diverso modo di vivere la montagna, soprattutto l’irruzione dei migranti, in cui è immediato ritrovare se stessi, sono le tematiche che si impongono. Accennate soltanto, perché quei due “vecchietti” sono consapevoli di aver vissuto pienamente la propria vita, persino di aver contribuito a salvare dall’abbandono una borgata tra i monti. Orgogliosi di aver indossato la “camicia bianca” cantata da Beppe Rosso in quarta di copertina.
Dall’Aspromonte alle Alpi
Giovanni Martini
Primalpe
16 euro