Magliano Alpi – Secondo l’accusa stavano realizzando uno scavo per un sentiero da mountain bike in un terreno sottoposto a tutela ambientale e di appartenenza del Comune di Magliano Alpi, cui non era stata fatta pervenire alcuna richiesta di autorizzazione; secondo la difesa quel percorso turistico per pedoni e biciclette esisteva già su una mappatura regionale e loro stavano solo eseguendo la manutenzione. È intorno a questa circostanza che ruota il processo in cui è finito imputato M. E., legale rappresentante della Prato Nevoso SpA insieme a L. T., il titolare della ditta che a giugno 2020 stava realizzando il tracciato.
In aula ha deposto il sindaco di Magliano Alpi Marco Bailo, sotto la cui responsabilità ricade quel terreno all’Alpe Seirasso. Il primo cittadino era stato avvisato dal malgaro che affittava quel terreno per l’alpeggio, a circa 1.500 metri di altezza: “Erano terreni sottoposti a tutela ambientale, non potevano neanche chiedere una sanatoria perché sono di proprietà del Comune di Magliano Alpi”.
“La nostra società si occupa della manutenzione delle piste da sci e dei terreni dove si svolgono attività estive, sia di escursionismo a piedi sia in bici – ha riferito in aula il rappresentante della Prato Nevoso SpA -. Esistono infatti cartelli escursionistici che comprendono l’Alpe Seirasso, sono sentieri tracciati già dal 2002. Nella primavera 2020 abbiamo fatto un sopralluogo per vedere questi semi tracciati che alcuni escursionisti in bici ci avevano segnalato perché poco sicuri, poco visibili e tenuti male. Chiamai la ditta di L. T. perché ha piccoli escavatori adatti a questo tipo di lavori. Non dovevamo scavare, ma solo pulire e rendere sicuro il tracciato”.
Convinto che fosse loro dovere occuparsi della manutenzione, non aveva pensato che fosse necessario chiedere un permesso all’altro Comune: “Era appena finito il lockdown, abbiamo pensato di fare presto per il turismo estivo”.
In aula è stato sentito anche il titolare della ditta che aveva iniziato a svolgere quel lavoro di pulizia, coimputato al processo: “Era un tracciato di circa 500 metri largo un metro, dovevo solo tappare i buchi e renderlo più lineare, non siamo intervenuti sulla parte di sentiero erboso perché quello era sicuro; non avevamo chiesto autorizzazioni perché pensavamo fosse manutenzione ordinaria”. Ascoltati testimoni di accusa e difesa il processo è stato rinviato a dicembre per la discussione.