La stretta relazione tra agricoltura e futuro della vita sulla Terra è oggetto del saggio che imposta però la questione ribaltando i termini. Non si tratta di stabilire il rapporto tra quantità di produzione e fabbisogno dell’umanità. È fuorviante fissare l’attenzione sulla necessità di migliorare sempre più la produttività. L’autore ritiene anzi che questa prospettiva alla lunga si riveli un boomerang che porta al suo esatto opposto, la carenza di cibo.
L’analisi condotta da Piero Bevilacqua ha caratteristiche principalmente economiche. Rivolge l’attenzione al sistema di produzione, alle dinamiche interne a tale processo. Ne conclude che la rivoluzione, promessa con la conclamata transizione ecologica, è in realtà un gigante coi piedi d’argilla, perché lascia immutate le strategie di base, che si concretizzano in “rapporti competitivi e conflittuali tra gli Stati”, in processi di accumulazione capitalistica.
Si rimane all’interno di un’agricoltura finalizzata al massimo profitto. Il sistema produttivo tende poi a screditare l’agricoltura tradizionale anche mascherando tale discreto con la lotta contro la fame attraverso un aumento della produzione. Elabora strategie che non si prefiggono di affrontare il problema, ma semplicemente rinviarlo. Giunge ai paradossi della produzione ”eccedentaria” per cui si deve distruggere l’eccesso per sostenere il mercato.
In questa ottica si sono sviluppati gli studi sui semi, sulle mutazioni genetiche, sui fertilizzanti chimici. Strade che, sostiene l’autore, hanno quantitativamente aumentato la produzione, ma reso più fragili ed esposte a malattie le coltivazioni. La monocoltura industriale non solo impoverisce il terreno, ma è anche messa a repentaglio dagli attacchi dei parassiti che possono distruggere totalmente l’economia di una zona.
A fronte di questo quadro l’autore sostiene che vincente è invece il modello tradizionale. La selezione dei semi, l’ibridazione, la fertilizzazione dei terreni sono strategie messe a punto da secoli congiunte al rispetto degli equilibri ambientali e della rigenerazione dei terreni. È chiaro ciò che l’autore ritiene indispensabile: una visione etica, universale e culturale: “un pianeta ferito e malato ha bisogno di una cultura della cura”. La produzione agricola come la questione ambientale non possono essere considerate che in termini planetari per i risvolti sia ecologici sia umani.
Su queste basi Bevilacqua prospetta linee di sviluppo che, sfuggendo alla logica del sistema di accumulazione capitalistico, rispetti le comunità locali, la biodiversità e, di riflesso, il pianeta. Il problema delle società contemporanee non è il mercato, dice, ma “la sua incarnazione in piramidi e geografie di controllo”.
Un’agricoltura per il futuro della terra
Piero Bevilacqua
Slow Food
16,50 euro