Cuneo – Ci sono “più lupi in Piemonte che nell’intera Svezia”, 600 capi, secondo quanto sostiene Coldiretti Cuneo, che lancia un appello affinché venga data attuazione al Piano Lupo e si rivedano le politiche di conservazione di questo animale, che mette a rischio allevamenti e biodiversità del territorio.
L’organizzazione professionale agricola chiedevo forza “la messa a punto e l’attuazione del Piano Lupo, alla luce dei dati che registrano oltre 900 lupi presenti nelle regioni alpine, in particolare sulle Alpi piemontesi dove ne sono stati stimati circa 600, secondo il monitoraggio nazionale pubblicato nell’ambito del progetto Life WolfAlps Eu in sinergia con Ispra”.
Secondo il presidente provinciale Enrico Nada, “i numeri confermano che il lupo, ormai, non è più in pericolo d’estinzione. È perciò indispensabile che le istituzioni definiscano il tanto atteso Piano nazionale di intervento, anche attraverso l’adozione di azioni straordinarie, che guardi a quanto fatto in Paesi vicini come la Francia e la Svizzera per la difesa degli agricoltori, degli animali allevati e della pubblica sicurezza”.
“Oggi ci sono più lupi in Piemonte di quanti ne ha l’intera Svezia – insiste Coldiretti -: il rischio vero è la scomparsa della presenza dell’uomo dalle montagne e dalle aree interne per l’abbandono di migliaia di famiglie, ma anche di tanti giovani che faticosamente sono tornati per ripristinare la biodiversità perduta con il recupero delle storiche razze piemontesi, stante anche il costante incremento degli episodi di predazione”.
“Dalle istituzioni e dagli organi competenti – aggiunge il direttore provinciale Coldiretti Cuneo, Fabiano Porcu – serve responsabilità nella difesa degli allevamenti, dei pastori e allevatori che con coraggio continuano a presidiare i territori e a garantire la bellezza del paesaggio, contro degrado, frane e alluvioni che minacciano anche le città”.
“Il ritardo nell’affrontare il tema ipotizzando la possibilità di una convivenza non gestibile secondo gli attuali canoni, pregiudica la soluzione del problema dopo che i risultati dell’indagine hanno fornito elementi utili a una revisione delle politiche di conservazione”, conclude Nada.