Gino (Luigi) Baudino era di Boves, dove ha sempre vissuto e lavorato, dal 1938 fino all’agosto 2021, quando è morto dopo una grave malattia. Alla sua attività di intagliatore di legno, che svolgeva da quando aveva 11 anni, ha affiancato da sempre la passione per la pittura. Frequenta il corso triennale di disegno alla Scuola Lattes di Cuneo sotto la guida di Ezzo Chicca. È stato docente di Intaglio alla Scuola professionale San Carlo di Torino nel corso di ebanisteria. Dagli anni ’70 stringe amicizia con Carlo Pirotti e con lui dipinge a cavalletto en plain air fissando sulla tela paesaggi, montagne e realtà contadine del cuneese. La sua prima mostra personale è del 1976 al Centro Ideal di Boves e da allora espone le sue opere in personali e collettive, partecipando ad estemporanee e ricevendo numerosi rinoscimenti tra cui il primo premio al Concorso di pittura estemporanea Città di Ceriale. Per dieci volte è presente all’estemporanea Giovanni Sacheri di Pianfei e fa parte degli artisti del catalogo Arte italiana per il mondo. Il segreto della sua arte sta nella libertà interiore con la quale crea i suoi dipinti: libertà dalle costrizioni del professionismo e dalle mode. La pittura è per lui un’esigenza primaria, il suo modo di esprimere sentimenti ed emozioni. Le sue opere esprimono i suoi stati d’animo, ogni volta diversi.
“Riconducibile al filone “tradizionale” – dice Claudio Mana – così come comunemente intendiamo il realismo, la sua tavolozza è particolarmente variegata di colori. Il tema dominante è il paesaggio nelle sue più svariate situazioni stagionali, e il paesaggio principe è la sua terra, la nostra terra, dalle valli alpine alle colline di langa, luoghi sempre uguali, ma sempre “diversi” e sempre originali. Tratta con grande maestria il colore, valorizzato da un’ottima conoscenza del disegno, della prospettiva e della teoria chiaroscurale. Mi è particolarmente cara la sua ricerca verso nuovi stili e nuovi orizzonti di rappresentazione, tele e tavole che tiene volutamente nascoste negli armadi del suo studio, quasi a disconoscerle, ma che meriterebbero certamente di essere celebrate in pubblico. Qui incontriamo figure, ritratti, nature morte, e ancora, paesaggi essenziali, portati al limite dell’informale, dove il colore prende il sopravvento sul disegno e la spontaneità di Gino prevale sulla logica del pittore realista. Tratti, macchie di colore, velature raffinate, che dimostrano come il nostro artista, nonostante il suo già invidiabile curriculum, abbia ancora qualcosa di nuovo da dire, a noi suoi spettatori, ma soprattutto a se stesso”.
È così che nascono opere dallo stile impressionista, ora a pennello, ora a spatola, a volte luminose e serene, a volte velate e malinconiche. A volte si esprime attraverso essenziali macchie di colore o forme geometriche. Una pittura sempre diversa, della quale l’unico punto fermo è la necessità di scaturire da un’emozione provata. “Rossi, ocre, gialli… – scrive Claudio Vigna – a volte aggrediti da violetti, blu, anche sfacciati. Descrivono, raccontano, riproducono una natura della quale Gino non riesce a fare meno”.
“È questa migrazione che ritroviamo nei dipinti di Gino Baudino. – scrive Paolo Minio -. Accora oggi con tavolozza, colori e cavalletto torna a dipingere scorci di borgate nelle valli di Granda, freddi casolari immersi nella neve, alpeggi tra luci e ombre di un sole estivo, In questo percorso Baudino riscopre gli angoli caratteristici di Cuneo, ne coglie gli aspetti più poetici e meno conosciuti, si lascia affascinare da una balcone fiorito, da uno scorcio di scalinata, li ricrea sulla tela con fervide freschezza”.