Piasco – Avrebbero dovuto presentarsi come parti offese in un processo per minaccia aggravata e invece si sono ritrovati imputati di favoreggiamento e minacce: è la storia di M. K. e M. R., due fratelli di origine albanese residenti con padre e madre a Piasco, che nel pomeriggio del 26 dicembre 2020 si ritrovarono davanti casa due uomini incappucciati, armati uno di pistola e l’altro con un bastone, che gridavano e urlavano minacce. A raccontare la storia in aula alla giudice il padre dei due ragazzi, che spaventato dalla situazione chiamò subito i Carabinieri: “Erano due persone incappucciate, armate con una pistola e un bastone e dicevano che avevano questioni da risolvere con i miei figli. Poi sono andati via. Ho subito chiamato i Carabinieri perché ero preoccupato dato che i miei figli li avevano inseguiti verso Busca; non volevo si vendicassero”. Una preoccupazione che si è fatta concreta dal momento che i due giovani si misero effettivamente all’inseguimento dei due che li avevano minacciati e rifiutarono decisamente di rivelare ai Carabinieri chi fossero i due e minacciando a loro volta pesanti ritorsioni. Il Carabiniere in servizio alla centrale operativa nel pomeriggio del 26 dicembre 2020, dopo aver ricevuto la telefonata del padre, aveva subito chiamato uno dei figli con il numero che lo stesso uomo aveva fornito: “Gli chiesi se stava andando a Busca e se conosceva le persone che lo avevano minacciato e lui rispose che erano cose che non ci riguardavano, che stava andando e li ammazzava tutti perché anche lui era armato”. Nel frattempo una pattuglia era stata inviata a casa della famiglia minacciata: “Mentre eravamo lì per prendere la denuncia – ha riferito il luogotenente intervenuto sul posto – tornarono i figli che dissero di conoscere le persone che li avevano minacciati ma rifiutarono di fare i nomi, aggiungendo che avrebbero risolto la questione a modo loro uccidendo i due uomini e facendo a pezzi i figli”. I Carabinieri erano intervenuti con una pattuglia anche a Busca dove erano stati perlustrati tutti i bar e davanti al Movida trovarono un uomo, N. G., anch’egli di origine albanese, che lamentava di essere stato preso a cinghiate da due uomini; forse era lui l’uomo che si era presentato incappucciato a casa dei due imputati ma nei suoi confronti non si è potuto procedere dal momento che il padre non lo aveva visto in volto e i due fratelli si erano rifiutati di denunciarlo. Nessuna pistola è stata comunque ritrovata nel corso delle perquisizioni a casa dei soggetti interessati e il processo è stato rinviato al 7 settembre per concludere l’istruttoria.