Sampeyre – La baìo è una festa tradizionale che si svolge solitamente ogni cinque anni nelle prime settimane di febbraio. Ogni cinque anni vengono eletti gli “Alum”, lo stato maggiore della baìo, iniziando la “carriera” con avanzamento automatico a ogni manifestazione, diventando nell’arco di dieci anni Portobandiero e infine Abà, cioè organizzatori della festa, con la responsabilità di girare di casa in casa ogni sera nei mesi precedenti la festa, e accordarsi con ogni famiglia sui ruoli da ricoprire. Dario Anghilante, musicista e docente a riposo, fa il suonatore di viouloun nella Baìo di Sampeyre Piasso fin dall’edizione del 1977. In vista dell’edizione del febbraio 2023 ha manifestato agli Abà (Alessandro Godano e Giorgio Rinaudo) la propria disponibilità a partecipare all’evento. In seguito alla discussione avuta con l’Abà Godano, Anghilante affida a una lettera indirizzata all’Abà Rinaudo una sua riflessione sulla questione.
“Ciao Giorgio, userei volentieri l’occitano come facciamo quando parliamo (il che mi fa molto piacere) ma non so quale sia la tua abitudine a leggere la nostra lingua quindi scriverò in italiano. Questa settimana salirò a Frassino per parlarti. Questo scritto te lo consegnerò nel caso tu non ci sia e non possa parlarti. Non ho il tuo indirizzo mail altrimenti te l’avrei mandato per mail. Ti voglio consegnare una fotografia della Baìo de Piasso (credo degli anni ’30 ma non conosco l’anno preciso) del fotografo Cosmello Francesco. Credo che tu la conosca perchè è piuttosto nota e sicuramente è parte di qualche esposizione fotografica storica che hanno allestito anche nel museo di Sampeyre. Vi sono anche due suonatori: Jusep da Rous al violino e, credo, Juspin Sezet (il padre di Nino) al semitoun. Come vedi sono vestiti come mi sono vestito io nei 40 anni che ho fatto il suonatore alla Baìo. Non mi sono inventato nulla, non ho voluto fare il “baravantan”, ho solo voluto essere fedele alla tradizione.
Perchè ti dico questo? Dopo il colloquio che abbiamo avuto l’altra volta, l’Abà Sandro Godano mi ha telefonato dicendomi che mi avrebbe tenuto presente per fare il suonatore alla Baìo de Piasso. L’ho ringraziato ma lui ha precisato che la condizione era che io non mettessi più quegli strani pantaloni che ho messo nelle precedenti edizioni. Li ha definiti “pantaloni alla zuava” anche se i nostri anziani li conoscevano come “braie a toumbarèl”. Gli ho precisato che mi ero vestito come erano vestiti i vecchi suonatori e ho citato soprattutto Jusèp da Rous, l’ultimo e formidabile suonatore di viouloun che abbiamo avuto in Valle Varaita. La risposta è stata: “Jusep da Rous è morto, non c’è più, tu devi vestirti come si vestono i suonatori, altrimenti…”. Sono rimasto di stucco. Se vogliamo rispettare la tradizione da chi dobbiamo ereditarla se non dalle persone anziane e che purtroppo sovente sono morte? Per fortuna che esistevano già le fotografie e possiamo vederle. A cosa servono altrimenti le numerose esposizioni fotografiche realizzate? Certo bisogna visitarle, rispettarle e prendere ispirazione. Oppure “rispettare la tradizione” è diventato solo sciacquarsi la bocca? Nella telefonata sono seguiti suggerimenti banali e anche mortificanti. “Hai due mesi di tempo. Ti comperi una vestimenta nera, ecc. ecc.”, come se nel passato mi fossero mancati dei pantaloni neri o non potessi comprarmi una vestimenta. Ci ho pensato vari giorni e alla fine sono arrivato alla conclusione che io alla Baìo 2023 non farò il suonatore. Sono già soddisfatto che dal 1977 ho riportato il suonatore di viouloun nella Baìo.
Ognuno deve ascoltare la propria coscienza e io non mi renderò complice di un non rispetto della tradizione. E poi, anche nella Baìo, anche nelle vesti di Abà, bisogna avere del rispetto per le persone e in questi 40 anni non sempre è avvenuto. Solo un piccolo esempio. Forse non sai che (eccetto l’ultima del 2017 nella quale l’Abà Beppe Bongiasca si è dimostrato un vero signore permettendomi di partecipare come suonatore e trattandomi come gli altri), io e gli altri suonatori che portavo io per arricchire la Baìo e non trovarmi solo come suonatore di violino, non abbiamo mai avuto la ricompensa ricevuta dagli altri suonatori. Di questo personalmente me ne sono sempre fregato, mi dispiaceva solo per i giovani e bravi suonatori che si vedevano discriminati rispetto agli altri pur svolgendo il medesimo servizio. Nella Baìo del 2017 fosse stato per l’Abà Bruno Martino sarei stato tranquillamente escluso dopo 40 anni di presenza e, da quel che m’aveva detto, non ci sarebbe stato neppure un violino nella Baìo de Piasso (molto grave per la tradizione).
Veniamo a oggi. Visto che gli altri suonatori di Piasso si troveranno venerdì 23 dicembre per fare una prova (me l’ha detto mio figlio Peyre che è stato convocato) è giusto che prima lo sappiate voi così avete il tempo per cercare un altro suonatore di viouloun. Mi raccomando, non lasciate solo quel povero ragazzo (Pasqui) perchè il violino è molto importante e caratterizzante ma è uno strumento debole in volume rispetto agli altri strumenti. Approfitto dell’occasione per dirti che, secondo me, bisogna fare molta attenzione a non alterare soprattutto lo spirito della Baìo. L’ho notato soprattutto nell’ultima Baìo. Tutto molto rigido, schierati, allineati e coperti, quasi al passo. Secondo me nella Baìo vi sono due elementi costitutivi: l’esercito popolare (chiamiamolo così per capirci): Alum, Usouard, Escarlinìe, Sapeur, ecc. che è normale siano più rigidamente schierati, e un altro elemento, il popolo festante che, pur in ordine, deve essere appunto “festante”. Sarebbe deviante storicamente e può avere gravi conseguenze in futuro nella percezione di chi la fa e chi la vede, se questa componente popolare perdesse quella sua autenticità e carica di spontaneità e freschezza. Non tutta la Baìo è un esercito schierato e irregimentato. Tradirebbe lo spirito delle medievali “Compagnie dei folli” o “Compagnie dei festeggiamenti” da cui in grande parte ha preso impulso la Baìo. Per fortuna a Sampeyre la manifestazione ha saputo nei secoli conservarsi laica altrimenti sarebbe ridotta anche quella (quelle) come altre Baìe (Sambuco e Festiona in Valle Stura, Preit e Castellar in Valle Maira, Limone in Val Vermenagna, ecc.) , ad una processione al seguito di una croce o di un santo. Scusa se sono stato lungo e buona Baìo“.
Dario Anghilante
Dario Anghilante, inoltre, racconta che “dopo aver infilato queste mie riflessioni nella buca delle lettere dell’Abà Rinaudo non ho più saputo niente e tutto potrebbe finire qui con un suonatore di viouloun in meno assieme ai suoi pantaloni “a toumbarèl”. Ma vi assicuro, la cosa mi turba un po’. La Baío non è una cosa mia ma neanche degli Abà che la dirigono bensì della popolazione di Sampeyre e non posso ritirarmi in silenzio a testa china senza far sapere alla gente interessata le cose come si sono passate e come sono. Non è solo una questione di “braie a tumbarèl” ma di Abà che si permettono di maltrattare la gente, creare un clima di terore e trasformare la tradizione impedendo con arroganza di partecipare a chi la vuole rispettare. Che sia più moderna una vestimenta nera rispetto alle “braie a toumbarèl” lo ammetto, che parecchi suonatori del recente passato post bellico non si siano posti il problema è comprensibile (io con loro, pur suonando insieme in perfetta armonia, non ho mai parlato di questo e loro molto correttamente neanche) ognuno accettava l’altro con tranquillità. Ma che siano gli Abà a imporre “la vestimenta” mi pare piuttosto grave. È una scivolata nell’ignoto un po’ pericolosa. Come molte altre d’altronde.
Ad esempio si è appena svolta il 6 gennaio la chiamata della Baìo. È la gente che vuole Baìo e scende in strada per far sentire il prioprio desiderio. Tutti quelli che vogliono: giovani, vecchi, uomini, donne, tutti. Non valgono ancora le regole della Baìo, quella non c’è ancora e la si desidera. Il caso di due ragazze sampeyresi, suonatrici di violino a cui gli Abà hanno impedito di scendere a chiamare Baìo con i loro strumenti ha senso? Non è forse un abuso di potere e soffocamento dell’entusiasmo popolare? Quando ero ragazzo mi ricordo che la chiamata era espressa da tutti con grande partecipazione, con urla, rumori, grida, suoni non necessariamente organizzati. Era la gente che manifestava il loro desiderio, si autoorganizzava, proprio per sollecitare e convincere gli Abà di turno ad organizzare la Baìo. Si vuole trasformare questo momemnto popolare in qualcosa di organizzato dall’alto e falso?
Faccio ancora presente che il così detto inno della Baìo “Baìo-Baìo”è stato composto da mio padre Masino negli anni ’50 ed era in occitano (infatti lo pubblicò sul libro “Chaminà e pensà” nel 1985 in quellla lingua). È molto cantato ma con poco rispetto glielo hanno trasformato in italiano-piemontese. Il canto è depositato alla SIAE (Società Italiana Autori Editori). Ora io e i miei fratelli e sorella pretendiamo che sia rispettato tale testo avvalendoci della tutela d’autore“.