Dall’interesse ormai pluriennale dell’autrice per il “pascolo vagante” scaturisce questo romanzo da cui trapela una profonda conoscenza del mondo della pastorizia. Lei stessa in un’intervista si dichiara affetta dalla “malattia delle pecore”.
Un lavoro duro, quello di Luis, il pastore. Nell’immaginario comune lo vede come scorbutico, silenzioso, solitario. È un po’ la prima impressione che ha Anna quando Luis arriva nel negozio dove lavora: sembra sfrontato, “pacchiano” nel vestire.
E invece eccolo sorprendere la giovane con un fare educato, lui che da vent’anni segue il suo gregge. Addirittura ci scappa un invito presso la sua “casa viaggiante”, il suo “ristorante a cinque stalle. Tocca adattarsi”. Per Anna è l’inizio di un nuovo cammino di scoperta, anche se l’inizio appare in salita “Fa un freddo cane”.
C’è molto da conoscere nella vita sulle montagne che Luis percorre. C’è il suo lavoro, anzitutto, che svolge con assoluta dedizione, sfruttando ogni possibilità qualche volta ai limiti della legge. Ad Anna si schiude un mondo inaspettato prima raccontato dall’uomo, poi vissuto in prima persona. Ma sempre più per Anna c’è da scoprire Luis e insieme a lui sentimenti nuovi. Quando questo mondo precipita, Anna deve fare appello a ogni sua forza per capire e poi raccontare l’esperienza vissuta. È un riandare nella memoria doloroso, ma liberante. La guida a comprendere il vero peso di quell’esperienza e a non perdere nulla di quanto Luis nel tempo le ha regalato.
L’ora del pastore
di Marzia Verona
ArabaFenice
20 euro