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Domenica 22 dicembre 2024

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Aumentano le persone in fuga da guerra, fame e povertà

Pubblicato il report 2022 della Fondazione Migrantes, Organismo Pastorale della Conferenza Episcopale Italiana

La Guida - Aumentano le persone in fuga da guerra, fame e povertà

Cuneo – Nel 2022 sono aumentate le persone in fuga. Complici l’emergenza sanitaria, il conflitto in Ucraina e l’acuirsi della crisi climatica, nel cuore dell’Europa sono arrivate oltre 4 milioni di persone (dati aggiornati ad ottobre). Cento milioni quelle in fuga in tutto il mondo, rifugiati, sfollati e richiedenti asilo, una cifra senza precedenti, un dato che equivale a un abitante del mondo su 77, più del doppio di 10 anni fa.
Sono i dati che emergono dal report 2022 sul Diritto d’asilo pubblicato dalla Fondazione Migrantes, Organismo Pastorale della Conferenza Episcopale Italiana.
Si possono ridurre a cinque le cause che costringono alla fuga numeri sempre più elevati di persone: guerre (se nel 2022 si è imposta all’attenzione dell’opinione pubblica europea la “vicina” guerra d’Ucraina, il 2021, secondo anno pandemico, ha visto combattere 46 conflitti ignorati dai più, mentre la spesa militare mondiale superava per la prima volta la soglia “psicologica” di 2.000 miliardi di dollari); persecuzioni, disuguaglianze e povertà; fame, sete e cambiamento climatico, ma anche tratta e schiavitù.
Negli anni è cresciuta la sproporzione fra la popolazione sradicata all’estero e le risposte che la comunità internazionale le offre in termini di “soluzioni durevoli” (rimpatrio, reinsediamento e integrazione nei Paesi di accoglienza): nel 2021 ne hanno beneficiato appena 543 mila rifugiati, meno che negli anni 2016-2018.
Oltre il 70% di chi lascia il proprio Paese cerca rifugio in uno Stato confinante e solo una piccola parte arriva in Europa. La carenza di canali d’ingresso legali e sicuri costringe le persone in fuga, pur riconosciute e protette dal diritto internazionale, a mettersi nelle mani di trafficanti e ad affrontare viaggi lunghi e pericolosi , seguendo una varietà di percorsi: le due rotte principali di accesso sono state quella del Mediterraneo centrale e quella balcanica.
Verso la fine di ottobre 2022 la stima (minima) dei rifugiati e migranti morti e dispersi nel Mediterraneo è poco inferiore alle 1.800 unità. Ancora una volta a pagare il tributo più pesante sono coloro che tentano la traversata del Mediterraneo centrale, sulla rotta che porta verso l’Italia e Malta, dove si sono contati 1.295 morti e dispersi, contro i 172 del settore occidentale e i 295 di quello orientale. In quest’ultimo alcuni gravi incidenti negli ultimi mesi hanno già portato il valore provvisorio del ’22 quasi al triplo di quello totale del 2021 (“solo” 111 fra morti e dispersi). Il 2021, invece, aveva visto crescere le vittime rispetto all’anno precedente in tutti e tre i settori, con un tragico + 57% nel Mediterraneo centrale.
Nel 2021 un aumento impressionante di morti e dispersi si è registrato anche sulla pericolosissima rotta dell’Atlantico occidentale verso le Canarie: dalle 877 vittime stimate nel ’20 alle 1.126 del ’21 (+ 28%). Negli ultimi tre anni, per morti e dispersi la rotta verso l’arcipelago spagnolo si è rivelata più pericolosa anche di quella del Mediterraneo centrale per numero di morti dispersi in rapporto agli arrivi: nelle sue acque si è contata una vittima ogni 20-30 migranti sbarcati.
Il 2021 vanta anche il triste “record” del numero di migranti e rifugiati intercettati dalla cosiddetta Guardia costiera libica e ricondotti (o meglio deportati) in un sistema organizzato di miseria, arbitrio, vessazioni, taglieggiamenti e violenze: 32.400 persone contro le 11.900 del 2020. A partire dal 2017, anno del memorandum Roma-Tripoli, i “deportati di Libia” sono ormai 104.500 e a partire dal 2016 118 mila.
All’inizio del marzo 2022, l’attivazione della direttiva 2001/55/CE sulla protezione temporanea a favore delle persone fuggite dalla guerra in Ucraina ha costituito un passo importante verso un sistema di protezione più umano. Ma non bisogna dimenticare il pericoloso doppio standard dell’Europa in materia d’asilo. Non solo la politica repressiva dell’Europa nel settore è ancora in pieno svolgimento (basti pensare alla situazione fra Grecia e Turchia, in Libia ecc.). Vi è notizia di squallidi incidenti discriminatori ai danni delle persone di colore al confine tra Ucraina e UE. Mentre solo pochi mesi fa i richiedenti asilo non europei bloccati nelle gelide foreste al confine tra Polonia e Bielorussia sono stati usati come pedine politiche dal leader bielorusso Lukashenko e poi disumanizzati come “attacco ibrido” dai leader dell’UE. Così, è assolutamente necessario sfruttare lo slancio unitario in materia di asilo dimostrato nel contesto dell’Ucraina per rimodellare e riorientare gli sforzi politici verso una maggiore condivisione delle responsabilità tra gli Stati membri dell’Unione. Il fatto che l’Europa sia in grado di assorbire e integrare ampi movimenti di rifugiati invita anche a ripensare e ad abbandonare i discutibili accordi con Paesi terzi e le pratiche illegali alle frontiere volte a tenere fuori i rifugiati.
L’Unione Europea “allargata” ha visto fino alla fine di settembre 2022 10 milioni di ingressi di profughi dall’Ucraina dai soli quattro Paesi membri confinanti (ma anche, peraltro, 6,3 milioni di rientri più o meno stabili) e ha registrato oltre quattro milioni di profughi per  il riconoscimento della protezione temporanea attivata dal Consiglio Europeo lo scorso 4 marzo.
Tra fine settembre-inizio ottobre 2022, la Polonia accoglieva più di  1.400.000 rifugiati dall’Ucraina (primo Paese UE), ma oltre un milione si trovavano in Germania. Molto più ridotti i numeri dell’ Italia, 171 mila circa. In meno di sei mesi, da marzo ad agosto 2022, i soli 27 Paesi membri dell’UE hanno riconosciuto almeno 2.842.000 protezioni temporanee.
La proliferazione delle barriere anti-migranti – ben 19 quelle che delimitano tratti di confine esterni ma anche interni alla “zona Schengen”, tutte erette negli ultimi 20 anni – solleva numerose problematiche giuridiche in materia di rispetto dei diritti fondamentali: la principale è quella legata al diritto di accesso alla protezioneinternazionale. Anche se va riconosciuto che la Commissione Europea si è opposta alle richieste di diversi Stati membri di poter utilizzare fondi dell’Unione per la costruzione di queste barriere di confine, il suo l’operato su una delle più grandi questioni politiche che dilaniano l’Europa è stato debole o inesistente. Ma anche l’irrazionalità di alcune proposte avanzate dall’attuale Commissione presieduta da Ursula von der Leyen, insieme alla visione complessiva che le sorregge, è un segno inquietante di un’involuzione del processo di costruzione del sistema comune di asilo nell’UE.
Nel 2021 hanno chiesto asilo per la prima volta nel territorio dell’ Unione Europea circa 537 mila persone: + 29% rispetto al 2020. E il primo semestre ’22 vede già 365 mila richiedenti, contro i 201 mila dello stesso periodo del ’21. La Siria (circa 99 mila richiedenti nel ’21) e l’Afghanistan (85 mila) sono ormai da anni le cittadinanze principali delle persone che cercano protezione nell’UE. A seguire, nel 2021, Irak, Pakistan, Turchia, Bangladesh, Venezuela, Somalia, Marocco e Colombia. Rispetto al 2020, il 2021 ha visto nel territorio dell’Unione Europea un numero di decisioni in prima istanza sui richiedenti asilo di poco superiore (circa 524 mila contro 521 mila), ma una diminuzione di decisioni positive (202 mila contro 212 mila), registrando dunque un tasso di riconoscimento pari al 38,5% , contro il 40,7%  dell’anno prima. Nel 2021 il Paese che ha effettuato più trasferimenti “Dublino” di richiedenti asilo è la Francia (3.145), seguita dallaGermania. Quest’ultima è stata invece il principale Paese ricevente (4.274 richiedenti ricevuti), seguita dall’Italia (1.525 secondo Eurostat e 1.468 secondo il Viminale).

 

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