Cuneo – Dare risposte nuove a una società completamente cambiata dopo tre decenni di crescita senza precedenti e senza sosta. Risposte che passano attraverso la revisione dei modelli socioeconomici ma anche attraverso la riproposizione di un sogno, di una spinta propulsiva positiva per le famiglie e i giovani, non solo per le imprese. Tanti gli spunti emersi dalla relazione del direttore generale del Censis Massimiliano Valerii, oggi (giovedì 27 ottobre) a Cuneo in Villa Tornaforte Aragno con il presidente della Fondazione Cr Torino Giovanni Quaglia, nell’incontro promosso da Confartigianato Cuneo “Fare presto”.
“Abbiamo parlato spesso di cambiamento epocale, ora lo stiamo vivendo – ha detto Valerii -: pandemia, guerra, inflazione, recessione, tutto in tempi brevissimi. “È finita l’era dell’abbondanza” (Macron), riflesso di una tardiva presa di coscienza dì qualcosa già avvenuto sotto i nostri occhi negli ultimi trent’anni, i tre decenni della globalizzazione accelerata. Tre decenni incredibili di crescita, ma anche di spostamento del baricentro economico del mondo, dall’Atlantico al Pacifico. Un nuovo ordine mondiale che ai nostri occhi è disordine”.
Questo capovolgimento spiega, nell’analisi di Valerii, gran parte della situazione che stiamo vivendo: “Si percepisce il crepuscolo di un mondo basato su solida supremazia economica, tecnologica e militare, dell’occidente. Col timore che qualcuno prima o poi ci toglie dal piedistallo del benessere e dal palco della storia. Questa paura, declinata in molti aspetti, si è insinuata nell’inconscio collettivo occidentale”.
Con tutte le conseguenze sul blocco dei consumi per le famiglie e degli investimenti per le imprese (in particolare le pmi, asse portante del modello Cuneo), che hanno nel loro Dna la creazione di valore anche sociale e che, se chiudono, rischiano di non riaprire più.
Come uscirne? “Attraverso una nuova spinta propulsiva che vada oltre le narrazioni venute meno su scala internazionale e che non punti soltanto sulla parola d’ordine della competitività, che in Italia è stata declinata riducendo salari e spesa pubblica. I giovani di oggi sono la prima generazione destinata a stare peggio della precedente, dei loro padri. L’ascensore sociale si è bloccato, compromettendo lo sguardo sul futuro: serve un nuovo modello sociale di sviluppo”.