Cuneo – Aveva messo in vendita su Internet la vecchia cameretta dei figli ma aveva rifiutato un cliente che gli proponeva il pagamento tramite ricarica del bancomat e per questo motivo era finito vittima di un’estorsione. I fatti raccontati al giudice dal signor F. risalivano all’agosto 2019, quando dopo aver ricevuto la telefonata di un signore interessato ai mobili, l’uomo rifiutò di concludere l’affare perché l’acquirente pretendeva di pagare tramite ricarica del bancomat: “Lui voleva pagarmi tramite bancomat ma io volevo solo i contanti e rifiutai”. L’acquirente chiamò nuovamente: “Questa volta mi fece parlare con sua moglie la quale mi disse che quella cameretta gli serviva davvero, ma io rifiutai ancora per via del metodo di pagamento”, aveva riferito in aula la vittima dell’estorsione. Ci fu a quel punto una terza telefonata i cui toni si fecero decisamente minacciosi; il presunto acquirente si disse offeso del modo in cui l’uomo aveva trattato sua moglie e dato che conosceva il suo indirizzo di casa, se non gli avesse venduto la cameretta lo avrebbe trovato e avrebbe spaccato le ossa a lui e alla sua famiglia. Impaurito dalla minaccia il signor F. si recò allo sportello bancomat dove andò in scena la classica truffa della ricarica della carta prepagata: al truffato si fa inserire la carta nello sportello e poi si fanno digitare alcune serie di numeri facendo credere che in questo modo si ricevono direttamente soldi sulla propria carta, mentre invece viene effettuato un versamento. Solitamente i truffatori, con la scusa che il tentativo non è andato a buon fine, fanno ripetere l’operazione più volte. Il signor F. dovette ripetere l’operazione da 500 euro per cinque volte, versando così al suo estorsore ben 2.500 euro. All’identificazione di C. G., M. T. e M. K., i tre imputati del reato di estorsione e intestazione fittizia di carta prepagata, la Polizia Postale era risalita grazie alle carte su cui erano finiti i soldi. Queste risultavano intestate a M. T., compagna di C. G., colui che aveva materialmente fatto le telefonate e minacciato la vittima, e M. K. che si è presentato in aula per raccontare al giudice di aver prestato la sua carta a C. G., ideatore di tutto il piano e che, a conclusione dell’istruttoria è stato condannato a tre anni e sei mesi di reclusione mentre M. K. è stato condannato a quattro mesi di reclusione e 7.500 euro di multa.