Un intero libro dedicato ai tajarìn. Non è un azzardo, bensì un omaggio non tanto al piatto quanto alla tradizione che l’accompagna da sempre, perché tutta la sua ricerca è percorsa da un duplice assunto iniziale. Da un lato Carlo Petrini nella prefazione provvede a rendere esplicita lo stretto, quasi necessaria, reciproco richiamo tra cibo e conoscenza. La passione per il cibo è tale che “l’appetito viene soddisfatto unicamente dalla conoscenza di ciò che è e rappresenta per l’essere umano”. Presupposto che introduce il pervasivo rimando alla cultura contadina della Langa come sfondo culturale per gustare pienamente un piatto di tajarìn.
A uno sguardo storico, prima di essere prelibatezza culinaria, questa pasta è stata cibo del quotidiano che in modo naturale celebra le nozze con l’economia di autoconsumo delle cascine langarole, con la cucina degli avanzi. Non ha spazio nei menù ricercati di borghesia e nobiltà dei secoli scorsi, ma cerca il suo riscatto sociale da partire dal Novecento non a caso quando la Langa entra di prepotenza nel panorama letterario italiano. È in significativo parallelo con la “mortificazione della civiltà contadina”, con gli allettamenti delle città industriali, per cui “la tavola diventa uno degli ultimi baluardi culturali di un territorio che vede rapidamente sgretolarsi e andare perduti i saperi di una civiltà millenaria”.
È riscatto con un preciso percorso segnato dal rispetto della tradizione. Fare la pasta a mano è istinto antico, un rito. Trapassa nei detti, nelle canzoni (il “ris e coj e tajarìn” della Monferrina). Si lega indissolubilmente al territorio: le macine, i tavoloni su cui distendere la pasta, i coltelli per tagliarla ricavati dalla lama usurata delle falci. Ovviamente il rimando culturale passa attraverso Pavese, la malora fenogliana, il mito delle Langhe celebrato dalla critica, ma vissuto nella fatica e nel lavoro sul territorio.
Non si cerchi nel libro la ricetta dei tajarìn. Ci sono degli accenni, ma la stretta simbiosi con la vita rende difficile la codificazione in regole definitive. C’è più attenzione al processo produttivo che agli ingredienti, come se in quella pasta ancora pulsi una vitale tradizione.
Piccola storia dei tajarin
di Luciano Bertello
Slow food
14,50 euro