Un futuro in cui destino e sopravvivenza dipendono dalla visibilità sui social. Ci si salva solo a spese degli altri: ha senso?
Un futuro guidato solo dalla competizione e dall’affermazione di sé, da una forma di egoismo che grazie alla tecnologia giunge all’estremo. Un futuro lontano? Forse nemmeno troppo. Il giovane attivista cremonese inventa una storia in cui tre estranei imparano a tenersi per mano per sopravvivere fingendosi famiglia e facendo i conti con una realtà in declino, e anche in delirio. Hans, Juju e Nonna sono in fuga da un mondo a pezzi, alla ricerca di un angolo di futuro e di vita.
Raggiungono Truva, “la città della speranza”: in realtà si tratta di un immenso campo profughi (e già questa è un’immagine non troppo lontana dalla realtà di certi Paesi oggi) in cui ogni bene e potere è in mano a una piattaforma on line (e nemmeno questo è così lontano dall’oggi…) che si chiama ironicamente “Fortuna”. Niente cibo, vestiti o altri mezzi di sostentamento: solo una tenda e un dispositivo per collegarsi alla piattaforma, nuovo cordone ombelicale dell’era social.
Ciascuno è artefice del proprio destino (“homo faber fortunae suae”), con quegli strumenti: in una parvenza di comunità che in realtà è una lotteria umana, la ricchezza si costruisce coi post. Solo chi riceve like e follower ha accesso privilegiato agli aiuti umanitari; a chi è meno “visibile”, solo briciole. Trovare un senso a questa situazione? A un mondo in cui ci si salva solo a spese dell’altro? La risposta è nel riscatto, nel rialzarsi per ritrovare davvero la speranza. E anche un po’ di umanità.
Fortuna
di Nicolò Govoni
Rizzoli
18 euro