Cervasca – Sette anni di reclusione è la pena inflitta dai giudici del collegio del tribunale di Cuneo per A. C., il pizzaiolo di origini calabresi che alle 4 del mattino del 22 luglio 2015 aveva sparato cinque colpi di pistola contro K. S., noto come spacciatore di stupefacenti, davanti al cancello della propria abitazione. La vicenda era già stata giudicata, ma la sentenza di condanna a 10 anni era stata annullata dalla Corte d’Appello e il processo era ricominciato da capo. Anche la vittima dei cinque colpi di arma da fuoco era stata rinviata a giudizio e aveva chiuso la propria posizione con un patteggiamento.
Un regolamento di conti legato allo spaccio di sostanze stupefacenti è stato individuato dagli inquirenti come la causa dei fatti che si verificarono quella notte: “Un appuntamento sotto casa dell’imputato – ha concluso il pubblico ministero – a cui entrambi gli uomini, con vari precedenti penali, si presentarono armati, a dimostrazione che entrambi erano perfettamente a conoscenza delle dinamiche che muovono certi rapporti e con l’obiettivo di avere ragione sull’altro in qualsiasi modo”.
I due si erano incontrati in una pizzeria a San Pietro del Gallo e poi si erano ritrovati sotto casa dell’imputato. Secondo la ricostruzione dell’accusa il primo a fare fuoco fu K. S., il cui colpo centrò, miracolosamente, la fibbia della cinta di A. C., il quale rispose sparando cinque volte e ferendo l’altro alla gamba e al malleolo. Dopo che K. S. si presentò in ospedale per farsi curare, le indagini dei Carabinieri portarono all’individuazione dell’imputato che nel frattempo aveva cambiato residenza per paura di ritorsioni; dai tabulati telefonici i militari avevano trovato numerose telefonate tra i due; quando venne fermato per strada, sotto il sedile della sua auto c’era una Beretta calibro 7,65 risultata rubata tempo prima a Busca. Per questo motivo oltre all’accusa di tentato omicidio gli erano state contestate anche il possesso di armi e la ricettazione.
Non credibile, secondo l’accusa, la difesa dell’imputato che aveva detto di essere caduto a terra dopo essere stato ferito e di aver visto vicino a sé una pistola e di averla usata per difendersi. Piuttosto, secondo l’accusa, c’era sicuramente la volontà di ferire quando ha continuato a sparare a K. S. mentre questo stava fuggendo. Per la difesa invece quella pistola poteva essere effettivamente della fidanzata di K. S., con lui quella notte davanti a casa dell’imputato, e lo testimoniano le tracce di polvere da sparo sui suoi abiti. Una legittima difesa o un eccesso colposo di legittima difesa per cui è stata chiesta l’assoluzione.