Siamo abituati, ormai, alla logica delle giornate: sono un modo con cui nel nostro tempo proviamo a dare rilievo ad alcuni tratti importanti della vita, ad alcune situazioni particolari, ad alcune emergenze sociali o sanitarie. Le Nazioni Unite, la Chiesa universale e quella italiana propongono molte giornate durante l’anno. Senza dubbio le giornate hanno la nobile funzione di portare all’attenzione e di evidenziare qualcosa, molto spesso qualcuno; non si può dimenticare che quanto è celebrato nella giornata, per alcuni è semplicemente il quotidiano della propria vita.
La Giornata del Seminario per le diocesi della provincia non fa eccezione a questo: le comunità cristiane e le parrocchie rivolgono una volta l’anno la propria attenzione e spesso la loro preghiera a quei giovani – al momento nel Seminario Interdiocesano di Fossano sono cinque – che stanno vivendo il tempo del Seminario per prepararsi a servire come presbiteri nelle loro diocesi. Non si può dimenticare l’ovvio, ovvero che questi giovani sono seminaristi per tutto l’anno e per molti anni, non soltanto una domenica all’anno.
Un tempo di fatica e di stanchezza per le comunità cristiane
Le statistiche storiche rivelano una decrescita – tutt’altro che felice – del numero dei seminaristi in Italia e in termini ancora più drastici in Piemonte e la provincia di Cuneo non fa eccezione. Nel profondo cambiamento culturale e sociale che stiamo vivendo, il cattolicesimo italiano si vede investito e a volte si percepisce travolto da quanto sta accadendo. Non può essere il tempo della nostalgia dei bei tempi passati e nemmeno il tempo dell’amarezza di chi si sente sconfitto dalla storia e neppure il tempo di chi ostinatamente va controcorrente. È un tempo di fatica e di stanchezza per le nostre comunità cristiane, ma se diventasse il tempo della resa ne usciremo tutti sconfitti. Può diventare l’occasione per cercare le vie per inculturare il Vangelo oggi; non è compito semplice, come non lo è mai stato nella storia. È saggio evitare di complicare ulteriormente le cose con rivendicazioni e accuse reciproche. Se si impara a guardare con un po’ di equilibrato ottimismo, si può ripartire dalla comune fede in Gesù che accomuna tutti laici e presbiteri. È fede condivisa che si rafforza con la testimonianza reciproca: si apprende gli uni dagli altri. Al presbitero spetta la missione di animare la comunità, annunciando il Vangelo e celebrando i sacramenti, curando le relazioni e preoccupandosi di chi fatica, per mille ragioni, nella vita. È evidente che non può fare tutto questo da solo, come è altrettanto evidente che non possa farlo soltanto per sé. Lo farà sempre con i suoi limiti e con le sue qualità.
Imparare a stare in questo tempo
Gli anni di Seminario sono per i giovani in formazione la palestra per prepararsi a questo compito nella consapevolezza della fatica del tempo presente, ma anche nella fiducia. Non renderanno perfette le persone e nemmeno capaci di affrontare qualsiasi sfida pastorale. È tempo per formarsi ad essere uomini che sappiano abitare e interpretare il proprio tempo, sappiano annunciare oggi il Vangelo, consapevoli della situazione complicata di oggi tra desiderio di Dio e indifferenza alla vita. La scelta del versetto del profeta Geremia «Ti ho stabilito profeta per le nazioni» sottolinea la disponibilità da parte delle comunità cristiane e dei presbiteri all’annuncio a tutti del Vangelo, senza costringere nessuno. Potrà emergere il volto missionario della Chiesa, che non è un volto meno perfetto di Chiesa, ma è la condizione per annunciare ad ogni generazione il Vangelo.
Don Andrea Adamo
Rettore del Seminario Interdiocesano Cuneese