Non un’autobiografia, tanto meno una biografia, precisa Giorgio Buridan nella “prefazione impossibile” alla raccolta di alcuni suoi scritti. “Impossibile” nel senso dato da Umberto Eco alle sue interviste con personaggi del passato. Infatti di Giorgio Buridan è stato recentemente ricordato a Caraglio, nel ventennale della morte, il centenario della nascita.
Gli scritti sono un’incursione a tratti ironica, altre volte seria e profonda, nella memoria del Novecento. Uno sguardo che, attraverso ricordi di fatti e incontri, ne attraversa i decenni cruciali. Non intende essere un’analisi storica. L’attenzione alla propria esperienza di persona è costante. Il suo sguardo sfiora la storia sempre ponendo in luce quanto incontri, fortuiti o ricercati, hanno depositato nella propria formazione di uomo e artista.
“Commediografo, Scrittore, Commissario di raggruppamento di divisioni partigiane cisalpine” si definisce nell’annuncio di morte che lui stesso aveva preparato. È su questi due piatti della bilancia, della letteratura e della storia, che si sviluppano i testi preoccupati di cogliere alcuni momenti, non certo gli unici, capaci di lasciare un segno. Colpisce infatti come spesso i capitoli chiudano con l’annotazione di non aver più rivisto quella persona, quasi che ogni incontro sia letto come occasione da non sprecare.
Nella scrittura traspare uno stile di raffinata cortesia non aliena da umorismo, capace di prendere le distanze non però per giudicare. È raffinatezza che viene dal sentirsi “nobiluomo” nel senso letterale del termine in quanto discendente da antica famiglia francese: “ultimo indegno discendente del filosofo Jean Buridan, Sieur de Toussaint et Blanchefosse rettore della Sorbona nel 1357”. Lungi dall’essere aristocratica presa di posizione, è annotazione che sottolinea la finezza dello sguardo capace anche di autoironia come nei ricordi di scuola dove confessa d’essere stato “cattivo allievo, disattento e svogliato, negato nel modo più assoluto per qualsiasi forma matematica”.
Nella forma letteraria si intravede al contrario un’eccezionale verve narrativa sia che si dedichi a ritratti di persone sia che guardi ad avvenimenti della propria vita. Ci sono personaggi celebri da Ezra Pound, che stronca il Giorgio Buridan scrittore alle prime armi, ma gli lascia una ricca eredità di consigli, a Carlo Emilio Gadda “involucro di pallida bolsaggine” che nasconde un vivido ingegno, fino a Ferruccio Parri “idealista e pragmatico allo stesso tempo”, a don Clemente Rebora in una confessione alquanto originale.
Della propria vita ricorda soprattutto gli anni della Resistenza, lui che “più che antifascista era rivoluzionario”, l’attività partigiana con l’episodio dell’attacco al treno di deportati, esempio di coinvolgente arte del narrare. Poi la passione per il teatro, la “teatrite” come scherzosamente la definisce, e per la musica secondo una genialità ad ampio orizzonte.
FATTI E PERSONE NELLA MIA VITA
Autore: Giorgio Buridan
Editrice: Nerosubianco
pagine 320 – € 20