Cuneo – Monsignor Julius Agbortoko Agbor, sacerdote camerunese che per molti anni è stato a Cuneo prestando servizio a Borgo San Dalmazzo, durante l’estate nella pausa dagli studi a Roma, è stato domenica 29 agosto imprigionato e catturato dai ribelli in Camerun. Oggi Avvenire nella sezione “Mondo” comunica che dalla diocesi di Manfe, dove don Julius è vicario generale, è arrivata la notizia che il sacerdote è stato liberato.
“Ringraziamo l’Altissimo che ha tenuto al sicuro durante la prigionia monsignor Julius Agbortoko Agbor e lo ha riportato a noi sano e salvo”, afferma un comunicato firmato da pare Sébastien Sinju e riporato dall’agenzia Fides. Il cancelliere ringrazia “le comunità cristiane e tutti coloro che in patria e all’estero sono stati al nostro fianco mentre eravano uniti in preghiera. (…). Che Dio vi benedica”.
Per la liberazione non è stato pagato alcun riscatto, anche se i rapitori avevano chiesto 20 milioni di franchi CFA (poco più di 30 mila euro).
Monsignor Agbortoko Agbor era stato catturato domenica da alcuni giovani armati, che si erano qualificati come separatisti, che avevano assalito il seminario maggiore di Mamfe. A giugno scorso, la Conferenza episcopale del Camerun aveva lanciato un appello affinché “cessino le persecuzioni a danno di sacerdoti e missionari” nel Paese africano. Una situazione di vera e propria “guerra civile” che si protrae da tempo nel Paese dell’Africa, dove la Chiesa Cattolica è presa spesso di mira, e dove sono state distrutte missioni costruite in anni. In alcune di queste hanno operato per decenni i sacardoti cuneesi.
La violenza in Camerun è iniziata nel novembre 2016, quando le milizie separatiste delle regioni settentrionali e Sud-occidentali del Paese hanno iniziato a scontrarsi con l’esercito camerunense per la costituzione di uno Stato autonomo con il nome di Ambazonia. Il primo ottobre 2017, i separatisti hanno proclamato l’indipendenza dell’Ambazonia, nota anche come Camerun britannico del Sud, e hanno creato un governo provvisorio, osteggiato dal presidente, Paul Biya. Negli anni né la richiesta di un cessate il fuoco né i colloqui di pace di Youndé hanno messo fine alle violenze contro i civili. Nonostante i tentativi per ristabilire la pace, la violenza nel Paese continua. Secondo l’Onu, i combattimenti in Camerun hanno portato alla morte di migliaia di persone e ha costretto più di 700 mila persone a fuggire in altre Paesi, incluso la Nigeria.