Racconigi – Inserito nel circuito delle Residenze reali sabaude del Piemonte, il Castello di Racconigi nacque intorno all’XI secolo come casaforte nella Marca di Torino. Nei secoli successivi la sua proprietà passò ai Marchesi di Saluzzo e quindi ai Savoia, nella seconda metà del Trecento. Proprio con l’elezione del castello a residenza dei Savoia-Carignano, nel corso del XVII secolo venne modificata l’originaria struttura fortificata con torri angolari: nel 1670 il celebre architetto paesaggista André Le Nôtre progettò il giardino, mentre nel 1676 Guarino Guarini, uno dei massimi esponenti del Barocco piemontese, intraprese una ristrutturazione globale dell’edificio che non fu, però, mai portata a termine. I lavori ripresero soltanto nel 1755, per volontà del principe Luigi di Savoia-Carignano, sotto la guida dell’architetto Giambattista Borra: a questa fase risalgono i padiglioni sul prospetto principale, il grande pronao di accesso, il salone caratterizzato dalla “loggia dei musici”, la sala di Diana e i gabinetti cinesi. Fu, però, con l’ascesa al trono di Carlo Alberto, principe di Carignano, che la residenza assunse il suo aspetto odierno: nel 1820 il giardiniere tedesco Xavier Kurten ridisegnò gli spazi verdi, mentre la decorazione e il riallestimento degli interni furono affidati all’architetto Pelagio Palagi, il cui gusto tra neoclassico ed eclettico è ben rappresentato dal Gabinetto Etrusco. Contemporaneamente furono costruiti, ai margini del parco, gli edifici di servizio in stile neogotico delle Serre e della Margarìa, destinata alla gestione agricola del territorio di pertinenza del Castello.
Col trasferimento della capitale da Torino a Firenze, nel 1865, e poi a Roma, nel 1871, i reali persero progressivamente interesse per il Castello di Racconigi, almeno sino ai primi anni del Novecento, quando il re Vittorio Emanuele III lo elesse nuovamente a sede di villeggiatura. Nel 1901 la residenza venne dotata di impianti idrici e di energia elettrica, con un nuovo sistema d’illuminazione lungo tutta la cinta muraria del parco. Molti locali vennero ammodernati: tra questi, l’appartamento dei sovrani al secondo piano dove, il 15 settembre del 1904, nacque l’ultimo re d’Italia, Umberto II. Sempre a Vittorio Emanuele III si deve anche la decorazione delle pareti interne dello Scalone d’Onore, in una delle quali è riportata una delle più complete raffigurazioni genealogiche della famiglia reale, opera di Adolfo Dalbesio. Nel 1909 il Castello di Racconigi fu oggetto della visita dello zar Nicola II, giunto a sottoscrivere il Trattato di Racconigi, volto a contrastare l’espansione austriaca nei Balcani. Nel 1925, invece, vi si svolsero le nozze della principessa Mafalda e nel 1930 il principe Umberto ricevette in dono la residenza, in occasione delle sue nozze con la principessa Maria José del Belgio. A lui si deve il minuzioso reperimento, presso le altre residenze sabaude, di numerosi dipinti di famiglia, oggi conservati nelle gallerie e nei corridoi della reggia, nonché di una raccolta di documenti sulla Sindone di Torino. In quegli anni vennero, inoltre, ristrutturati alcuni appartamenti del secondo piano, tra cui le sale da bagno dei principi di Piemonte e il salotto della musica, con soffitti e pareti decorati in stile futurista da Fiore Martelli. In seguito ai risultati del referendum istituzionale del 2 giugno 1946, il Castello venne chiuso e avocato allo Stato Italiano, che infine lo acquistò nel 1980. Al 1993 risale la riapertura della residenza e la sua trasformazione in polo museale.
Il Castello di Racconigi è una delle residenze sabaude meglio conservate: vanta, infatti, un’apprezzabile dotazione di arredi, suppellettili, decori, dipinti di epoche diverse e di gusti e stili eterogenei. Se dei mobili seicenteschi non vi è quasi più traccia, l’impronta settecentesca di Giambattista Borra è ben visibile: sull’onda dei viaggi compiuti nei siti archeologici del vicino Oriente e dell’atmosfera respirata a Delo, a Palmira in Siria e a Baalbeck in Libano, egli progettò i saloni ispirati ai miti di Ercole e di Diana e le sale ricche di esotismo dell’appartamento cinese. Il Salone di Ercole fu realizzato nel 1757 in stile neoclassico, con la funzione di atrio per l’accoglienza degli ospiti, ma, data la sua capienza e l’ottima acustica, venne utilizzato anche come sala da ballo. In tali occasioni, sulla “Loggia dei Musici” che sormonta le tre coppie di colonne ioniche e l’accesso all’attigua Sala di Diana, veniva collocata l’orchestra. Nella porzione inferiore, le pareti ospitano sei nicchie con frontone, che contengono altrettante sculture di Giuseppe Bolina rappresentanti le fatiche di Ercole, mentre la volta della cupola è dipinta a trompe-l’œil e raffigura una realistica copertura a cassettoni. La Sala di Diana, invece, è caratterizzata da quattro grandi medaglioni che raffigurano il mito della dea della caccia. Le ampie finestre consentono di ammirare lo scorcio sul vasto parco, sul quale si affacciano la terrazza e lo scalone della facciata settentrion ale. Tra i quattro imponenti lampadari di Murano che pendono dal soffitto, si può ammirare un bassorilievo raffigurante Apollo sul carro del Sole.
Degne di nota le cinque sale rimaste dell’appartamento cinese, realizzate secondo il gusto orientaleggiante dell’epoca e caratterizzate dalla presenza alle pareti di carte da parati dipinte a mano su carta di riso, acquistate a Londra, di antiche porcellane e vasi, di paraventi con decorazioni cinesi e di una portantina giapponese. Queste sale erano dedicate agli ospiti di riguardo, quali Vittorio Emanuele II e Umberto I durante le loro villeggiature, ma anche lo zar Nicola II. Nell’800, sotto Carlo Alberto, Pelagio Pelagi seppe ricondurre progetti, dettagli e realizzazioni sotto un’unica cifra stilistica, in funzione di un’idea unitaria e ben precisa di monarchia sabauda. A questo periodo risale il Gabinetto Etrusco, studio privato di Carlo Alberto, dal ricco apparato decorativo che riproduce stilemi della pittura vascolare greca ed etrusca e, sulla volta, gli affreschi della Tomba del Barone, situata nella necropoli etrusca dei Monterozzi, vicino a Tarquinia, scoperta in quegli anni. Della medesima epoca l’apparato decorativo della Sala del ricevimento, l’ambiente del Castello più sontuoso, ove la profusione di dorature evocava il prestigio e la potenza del sovrano. Qui Carlo Alberto e i suoi successori ospitarono personaggi importanti, quali ambasciatori, consiglieri e dignitari. Il secondo piano nobile della residenza, già occupato nell’Ottocento da re Carlo Alberto, dalla regina Maria Teresa e dai duchi di Savoia, venne completamente ristrutturato a partire dai primi del Novecento: a caratterizzare gli ambienti fu il gusto déco, che conferì loro una sobrietà ed un’eleganza tipicamente borghesi e lontane dallo sfarzo ostentato delle residenze reali.
Infine, meritano una visita le cucine dell’ala di levante, perfettamente conservate e arredate con stoviglie, stampi, attrezzi, acquai in marmo, due grandi cucine a legna (“potaggiere”), e con un ingegnoso girarrosto a ingranaggi nel grande camino al centro della sala. Nelle stanze attigue la ghiacciaia e la macelleria, caratterizzata dal rivestimento in marmo alle pareti e dal pavimento inclinato per facilitare lo scolo e il lavaggio. I locali preposti alla conservazione e gestione delle provviste alimentari, della frutta, dei vini, delle bevande e del ricco corredo di stoviglie e tovaglie sono, invece, ubicati al pian terreno, negli ambienti dell’antica cucina seicentesca.