Come tanti “paesi” di montagna, anche Sant’Antonio di Aradolo si distribuisce su un gran numero di borgate. Il Quaderno, firmato da Vincenzo Lovera, ne elenca tredici a cui si aggiungono i ciabot, abitazioni utilizzate in estate quando fieno e pascolo richiedevano presenza costante. L’autore guida seguendo le strade che, partendo dalla chiesetta della frazione, uniscono queste piccole isole nei boschi, andando a cercare le abitazioni spesso ormai assalite dalla vegetazione.
A questo mondo così frazionato dedica con affetto alcune pagine che ricordano anzitutto le famiglie che lo hanno abitato. È un variegato mosaico di nomi che si distende in un fitto intreccio di parentele, perché le famiglie, spesso numerose, vivevano unite per affrontare le fatiche del lavoro quotidiano.
La descrizione della vita nei “teit” passa anzitutto attraverso l’attività nei campi sempre avari. Il pascolo era occupazione che coinvolgeva anche i bambini. Il loro sguardo filtra spesso i ricordi come quelli di Mirella Giraudo che si faceva trascinare dalle mucche attaccandosi alla coda o portava a vendere le castagne a Borgo.
La preoccupazione per un minimo di sicurezza economica gettava la sua luce poco rassicurante anche sulla scuola, perché “quando qui una ragazza sa contare fina a una dozzina di uova e pesare fino a un chilo di burro, questo basta”. Per lo stesso motivo il destino era quasi segnato per i figli: scendere in pianura come garzoni per i maschi, lavorare a Cuneo o Torino come casalinghe in famiglie benestanti. Per tutti poi c’era l’allettamento del migrare in Francia in cerca di fortuna.
Aradolo e le sue alte borgate
di Vincenzo Lovera
Quaderni di Marittime
13 euro