C’è un pezzo di Francia che si incunea tra il Pian del Re e la Valle Varaita puntando dritto sul Monviso. In quest’angolo è ambientato il giallo che ha per protagonista Franck Verbier, guardaboschi da vent’anni con un passato di soldato nella guerra di Bosnia. Proprio quell’esperienza lo ha spinto alla scelta radicale di allontanarsi dalla comunità di fondovalle per passare la vita nella “sua” riserva, “abbarbicato come un orso alla sua montagna”.
È per l’appunto questo possessivo, che con insistenza Franck usa, a metterlo nei guai. Glielo fa notare il maresciallo Wéber incaricato di indagare su due assassini avvenuti nel giro di una settimana tra queste montagne. Quel “mia riserva” che per Verbier è sinonimo di diligenza, di lavoro serio e coscienzioso, per la gendarmeria è occasione di sospetto.
Ambedue i cadaveri sono stati scoperti da Verbier e lui non ha elementi per dimostrare la propria innocenza né il suo carattere poco conciliante lo aiuta. Ha avuto una discussione violenta con Sticker, la prima vittima, per il suo commercio illegale di genepì. Gli ha pure fatto una multa qualche giorno prima. Il secondo cadavere è di Stéphane Maillard, anche lui sorvegliato a distanza dal guardaboschi, tanto più che viene scoperto a frugare sul luogo del primo delitto.
Senza mai cadere nella trappola della semplice esaltare dell’ambiente, l’autore fornisce coordinate precise pur tenendo d’occhio sempre la trama. La montagna del romanzo non ha nulla di esaltante: è un luogo di lavoro, di fatica. Per questo semmai l’ambiente montano diventa strumento per parlare di persone: dalla scontrosa Hélène, pastora sempre ubriaca con le sue ottocento pecore, ai guardiani del rifugio. Sono personaggi sempre osservati con rispetto, colti nel loro carattere riservato, talora persino scostante, ma con un forte senso dell’amicizia, che non esclude comunque rivalità appena sopite nel frequentarsi spesso.
Delitti alle Traversette
di Nicolas Crunchant
Fusta
15,90