Il vocabolario Treccani definisce la gig economy nel modo seguente : “Modello economico basato sul lavoro a chiamata, occasionale e temporaneo, e non sulle prestazioni lavorative stabili e continuative, caratterizzate da maggiori garanzie contrattuali”. Nella maggior parte dei casi la gig economy (in italiano si potrebbe tradurre con “economia dei lavoretti”) usa le piattaforme digitali ed è in continua espansione.
In Europa sono circa 24 milioni le persone che hanno lavorato almeno una volta per le piattaforme online, il cui utilizzo è cresciuto enormemente durante la pandemia. Si calcola anche che per tre milioni di lavoratori la fonte principale di reddito provenga dalla gig economy. A titolo d’esempio, secondo i dati diffusi da Uber, sono 600.000 gli autisti e i corrieri che hanno lavorato per l’azienda nel 2020.
Ma se, da una parte, la pandemia spinge sempre più lavoratori nell’economia delle piattaforme online, dall’altra appare con sempre maggiore evidenza la mancanza di tutele sociali e di diritti per questi lavoratori atipici. E’ la ragione per cui la Commissione europea ha avviato, in questi giorni, una prima consultazione con le parti sociali, in modo tale da valutare l’opportunità di una legge europea che tuteli la loro sicurezza e la loro dignità.