Compagna, sorella o signora, tenebrosa o beffarda, vinta o trionfante, poi ombra minacciosa, presenza incombente: con la morte l’umanità fa ineludibilmente i conti. Piergiuseppe Bernardi guida in un panorama ad ampio raggio intorno alle rappresentazioni della morte nel succedersi dei secoli muovendo dal principio della preziosità delle immagini quali “attestazione di come l’uomo abbia vissuto la sua vita, di come abbia percepito se stesso come parte di un tutto” a cui la morte non risulterà né estranea né marginale.
È principio che struttura i capitoli dello svolgersi della storia attraverso le rappresentazioni artistiche. Ogni passo si presenta con qualche pagina che introduce al tema specifico. Sono i termini di una cultura che viene trafitta dalla riflessione sul destino della vita terrena e di un al di là di cui l’uomo non possiede parametri adeguati di pensiero per farsene immagini.
Il tentativo di dare consistenza figurativa alla morte per secoli passa da una rappresentazione che non fa appello a tratti macabri, bensì più sottilmente alla percezione della sua presenza incombente, di volta in volta misteriosa, inquietante, persino angelicata. L’egiziano dio Ammit, dai denti aguzzi di coccodrillo pronto ad afferrare il cuore del defunto che risulti più pesante di una piuma nel rito della pesatura, o l’Angelo della morte dell’Esodo o ancora il greco Thanatos o le tre Moire, sono figure in cui l’arte antica ha espresso l’esperienza quotidiana della morte se solo l’uomo si pone in atteggiamento riflessivo. L’annuncio cristiano della vittoria sulla morte conduce a una sua “marginalizzazione”. A lei viene negata una rappresentazione. È un vuoto che appare denso di suggestioni. L’assenza di immagine, se lascia spazio alla luce della resurrezione, non ne esclude la percezione nello sviluppo del tema del giudizio in forme anche orrorifiche. La paura del giudizio finale fa tutt’uno con la certezza della svolta da cui è impossibile tornare.
È in questo contesto che la rappresentazione della morte assume le forme dello scheletro destinate a rimanere nel tempo. Alla presenza misteriosa accanto alla vita dell’uomo, l’arte aggiunge una consistenza specifica. È compagna scomoda, ombra che sempre ricorda la finitudine, relativizza ogni umano desiderio. Giustiziera assoluta, chiama a corteo tutti indistintamente per la sua Danza macabra.
In questo clima ci sono voci discordanti. Francesco d’Assisi nel chiamarla “sorella” apre a una rilettura della morte in chiave “moderna”, sottolinea Piergiuseppe Bernardi: “non più pensata in opposizione alla vita, ma come conclusione naturale, seppure non auspicata, di essa”. Con questa nuova ispirazione dovranno fare i conti le epoche successive che nell’appoggiarsi alla ragione, non potranno comunque sottrarsi al disagio della dissoluzione del corpo. Così l’arte degli ultimi secoli tra realismo e astrattismo rinnova le tematiche di sempre, conferma l’intima inquietudine che accompagna il pensiero del morire.
L’ombra della morte nella pittura occidentale
di Piergiuseppe Bernardi
Scholé
16 euro