Una foto fa parte della memoria della grande famiglia di Marianin. La ritrae seduta al centro circondata da nuore e nipoti; dietro di loro in piedi i suoi figli.
Marianin è una donna forte: quando arriva la lettera dell’esercito, che le annuncia la morte di suo marito Michele, solo una lacrima le segna il viso. Il pensiero è agli otto figli, alla casa, ai lavori che non possono aspettare: incombenze che da sempre era abituata a portare insieme al marito, che ora sente comunque vicino.
Marianin è la figura che percorre quasi tutti questi ricordi. Certo è quella che dà loro un’impronta netta. Quella fotografia è immagine di questo spaccato di famiglia contadina della pianura saluzzese a inizio Novecento. L’uomo nella sua posizione di capofamiglia, responsabilmente in piedi. La donna però è al centro. Tutti questi ricordi sono narrati da una voce femminile. Rare sono le parole degli uomini riportate e tutte comunque sono funzionali al lavoro. È la depositaria dell’organizzazione della casa, qui rappresentata dal “ciavin” che custodisce gelosamente. Se l’uomo “è attento a migliorare qualità e quantità del lavoro, aperto alle novità”, la donna gestisce l’economia famigliare. È presenza discreta eppure decisiva. Si realizza un equilibrio perfetto tra i due sessi fatto di rispetto reciproco, di dedizione alla famiglia e al lavoro, di deferente attenzione verso gli anziani cui viene riconosciuta la saggezza maturata nell’esperienza.
Valori che l’autrice lascia intendere in gesti e parole ricostruiti meticolosamente, per salvaguardarli dall’oblio. E così facendo percorre un quarto di secolo scandito da gioie e dolori: matrimoni, molti, e funerali, quel che basta per dare il giusto peso alla vita, per ringraziare. Anche certi momenti che alla sensibilità di oggi possono apparire stonati (la ragazza non può proseguire gli studi, l’umiltà fino alla soggezione nei rapporti con chi ha i soldi) appaiono lontani da ogni asprezza, vissuti sempre con dignità.
Prima che Netina si sposi
di Viviana Castorello
Primalpe
13 euro