È un periodo in cui i temi della pace e delle armi si rincorrono, fanno capolino nell’attualità e rientrano poi purtroppo nelle rispettive zone d’ombra.
Innanzitutto il 9 luglio ha segnato il 30mo anniversario della legge italiana 185/90 sull’export militare. Una legge volta a garantire controllo e trasparenza sulla vendita di armi del nostro Paese e ad impedire che armi italiane vengano vendute a Paesi in guerra e che violano i diritti umani. Sebbene di rilevante importanza per la responsabilità dell’Italia nei conflitti armati e nella promozione della pace nel mondo, la legge non ha fermato le vendite d’armi, che nel corso degli anni, sono costantemente aumentate, soprattutto verso i Paesi del Medio Oriente.
A livello europeo, è di poche settimane fa il rapporto del SIPRI (Istituto internazionale di ricerca sulla pace di Stoccolma) che mette in evidenza come un’arma su quattro venduta nel mondo provenga dall’Unione Europea e dove, ai primi posti, ci siano Francia e Germania.
Infine, a ridosso di dati sempre più inquietanti sul commercio di armi nel mondo, emerge fragile una risoluzione del Consiglio di Sicurezza dell’ONU, adottata il 4 luglio scorso, che sollecita un cessate il fuoco globale per permettere la lotta contro il coronavirus nei Paesi in guerra. Una risoluzione adottata all’unanimità e sulla quale Papa Francesco ha espresso l’auspicio che possa “diventare un primo passo coraggioso per un futuro di pace”.