Libro anomalo per uno storico quello di Carlo Greppi perché non cerca di definire fatti, ma di risvegliare valori. Non inanella dati (“non troverete una data”), bensì racconta di esistenze. Non vuole spiegare, ma essere testimone di uomini incrociati personalmente o sui loro libri.
Non ha l’ingenuità di credere in una riflessione che non si confronti con la realtà e ne tragga le debite conclusioni, che si limiti a constatare il passato e non si chiami a interpretarlo per dialogare con il presente. Greppi propone una riflessione sulla metodologia di studio. Su tutte si impone l’ “accettare di guardare anche in un punto che potrebbe rivelarci qualcosa che non ci piace”. Uno sguardo che non si nega al risvolto della medaglia e si confronta con il dato storico senza preconcetti. Abbandonata la presunzione di interpretare il mondo attraverso un griglia di colori netti, l’autore si relaziona con la “zona grigia” della storia. Una zona dove il giudizio si smorza, senza per questo perdere di valore. Dove è facile aggrapparsi a motivazioni che non giustificano, ma spiegano comportamenti. Per questo fa propria la critica di Marc Bloch, uno dei “maestri” sulla “mania del giudizio” nel fare storia.
L’altro principio metodologico viene ancora dalla scuola degli “Annales”: il nostro sguardo deve “vagare tra le tracce che le persone ordinarie hanno lasciato per cercare raggi di luce che ci guidino fuori dai meandri più oscuri della storia umana”. Senza negare l’importanza della storia politica, l’orizzonte della ricerca si allarga dai palazzi del potere alle strade del mondo.
Da questi presupposti Greppi può riflettere sulle loro conseguenze nella lettura dell’oggi. Sono solo accenni che mantengono il sapore, ancora, di suggerimenti perché il lavoro dello storico sia proficuo per la convivenza civile. Rientrano in questa prospettiva la denuncia della “trappola dell’identità”, e quella dell’idea di nazione secondo orientamenti nazionalistici, la necessità di “scoprire l’altro” come di decifrare il “tasso di manomissione” di momenti storici.
Lontano dal linguaggio tecnico, Greppi arricchisce la sua riflessione di ulteriori singolari spunti anche sul modo di narrare la storia, che poi è il nocciolo della questione se la ricerca non vuole chiudersi in un esercizio accademico. L’autore non si fa problema nel portare esempi, tratti da romanzi, film, fumetti, come modalità complementari alla scienza storica. Strumenti eterodossi, forse, ma che rimettono sul tavolo della ricerca quelle emozioni che rimangono comunque uno degli aspetti imprescindibili per uno studio che si confronti con l’uomo artefice della storia.
La storia ci salverà
di Carlo Greppi
Utet
16 euro