Il coronavirus, nella sua corsa cieca intorno al mondo, ci ha abituato a nuovi modi di comportarci e a inserire nel nostro vocabolario parole e concetti ai quali non eravamo tanto allenati : distanziamento fisico o distanziamento sociale (due concetti ben diversi), realtà virtuale, telelavoro e smart working, lockdown, confinamento e deconfinamento….
In grande discussione in questi giorni in tutta Europa, sono le modalità di utilizzo delle nuove applicazioni per smartphone concepite per gestire la diffusione della pandemia, le famose “App di tracciamento”.
Il Parlamento europeo, nella sua seduta del 15 maggio, nel riconoscere l’importanza di uno tale strumento di lotta al coronavirus, attira tuttavia l’attenzione sulla tutela della privacy dei cittadini europei : il sistema deve essere volontario, non discriminatorio e trasparente ; deve essere limitato alla ricerca di contatti fra persone ; i dati raccolti devono essere cancellati appena possibile.
Sorge tuttavia una legittima domanda: ma, al di là del coronavirus, quanto è già sorvegliata questa nostra società?