In un mondo sconvolto dal mutamento climatico e definitivamente avvelenato dagli uomini, in un futuro non troppo lontano, un morbo si è diffuso fino a diventare una vera pandemia: la chiamano “malattia del vuoto” ed è l’incapacità di riprodursi, la sterilità. Quindi città senza figli e senza madri, immerse in un silenzio irreale solo scosse dallo spauracchio di un avvenire dissipato, modesto nelle prospettive.
La civiltà, allo zenit di qualunque progresso, è vinta dallo spettro dell’incapacità di generare. L’angoscia si proietta sull’avvenire, il presente si fa epilogo di un passato inascoltato che non ha mancato di avvisare, invitare a cambiare rotta e, forse, natura. Ma è proprio dal passato che si fanno strada sogni e utopie a oltranza che hanno prodotto e producono i loro danni. Perché rincorriamo un mondo che risolva in maniera egregia qualunque emergenza planetaria, a scapito di ciò che rende umano un essere umano.
Ma c’è una speranza in quell’isola delle madri, le voci femminili, che cercano di ricucire gli strappi e riguadagnare un presente non privo di radici, retaggi in grado di sostenerlo e tramandarlo. Grazie a loro, nemmeno in questo frangente l’umanità si arrende. Alla paura del vuoto rispondono strappando attimi di normalità disperata.
Una sorprendente vicinanza con quello che stiamo vivendo e un insegnamento su cosa fare nel dopo, riconquistare l’umano, il bisogno di rapporti veri, l’attenzione alle persone ma anche al pianeta ai suoi equilibri che se distrutti possono creare il caos.
L’isola delle madri
di Maria Rosa Cutrufelli
Mondadori
18 euro