E’ solo un richiamo ad un’antica realtà, lanciato da autorevoli Istituzioni: gli effetti del coronavirus possono essere peggiori per le donne che per gli uomini. Se, da una parte tutti i settori in prima linea nella lotta alla pandemia sono largamente costituiti da lavoratrici, dall’altra, le misure restrittive come la chiusura delle scuole e dei servizi, rischiano di pesare maggiormente sulle spalle delle donne.
Alcune cifre: in un rapporto del WEF (World economic Forum) del 2018 si legge: “Delle circa 43 milioni di persone che lavorano nel settore sanitario al mondo, oltre il 70% sono donne, ma queste ricoprono solo il 35% dei ruoli manageriali. Tale dato lascia supporre che il contributo delle donne nel settore sia cresciuto al punto da diventare dominante, tranne nei ruoli di leadership, che restano in prevalenza appannaggio degli uomini”.
Un rapporto della Commissione europea per l’anno 2017 riferisce: “Nell’Unione europea, Il settore della sanità e dei servizi sociali resta un settore ad alta intensità di manodopera femminile: quattro operatori su cinque sono donne (…).
Per l’Italia, secondo il Ministero della Salute nel 2017 “il 66,8% del personale del SSN è composto da donne, contro il 33,2% degli uomini”.
Saranno cifre da non dimenticare, affinché, nella nuova Europa che verrà, venga riconosciuto il giusto valore al lavoro femminile e la parità di diritti anche nel lavoro.