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Venerdì 22 novembre 2024

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Processo a Cuneo per il ferro rivenduto al cantiere del Tenda bis

Prosegue il procedimento, con la testimonianza di chi coordinò le indagini: decine e decine di "ferri" che uscivano dal cantiere

La Guida - Processo a Cuneo per il ferro rivenduto al cantiere del Tenda bis

Limone Piemonte – Accusati di aver prelevato e rivenduto materiale ferroso destinato alla costruzione della seconda galleria del Tenda, di aver conservato materiale esplosivo senza averne l’autorizzazione e di aver rivenduto materiale inerte destinato allo smaltimento: sono questi i capi di accusa con cui si è aperto a il filone di processo del Tenda bis di competenza del tribunale di Cuneo, dopo che la parte relativa alla truffa, alla frode in pubbliche forniture e al falso ideologico è stata trasferita a Torino. Gli imputati sono il direttore tecnico del cantiere A. F., i geometri a capo del cantiere G. A. e A. P. e i due operai N. D. R. e L. M., tutti dipendenti della Grandi Lavori Fincosit che si era aggiudicata l’appalto nel 2012. Nel 2016, a distanza di tre anni dall’inizio dei lavori, la Guardia di Finanza avviò un’indagine in seguito a una fonte confidenziale secondo la quale qualcuno all’interno del cantiere rivendeva materiali ferrosi destinati alla costruzione del tunnel. Con appostamenti e controlli lungo la valle Vermenagna, le Fiamme Gialle appurarono che c’erano due trasportatori dipendenti di altrettante aziende di raccolta di materiali ferrosi che prelevavano il materiale dal cantiere: “Erano aziende che formalmente non avevano alcun contato con il cantiere – ha riferito il luogotenente della Finanza Marcello Casciani – perché dello smaltimento dei rifiuti si occupava un’azienda di Torino, ma soprattutto perché il materiale ferroso non era tra i materiali di rifiuto del cantiere”.
Tra il 2014 e il 2017 gli inquirenti hanno calcolato una sottrazione di decine e decine di tonnellate di ferro, pagate 850 euro alla tonnellata dal cantiere e rivendute per un guadagno stimato di 23.000 euro (in base ai carichi tracciati da militari), ma che potrebbe in realtà superare i 100.000 euro. Oltre a questo la Guardia di Finanza ha verificato che dal cantiere veniva prelevato e venduto anche il materiale inerte frutto dello scavo del cantiere, un illecito ambientale dal momento che quel tipo di rifiuto deve essere smaltito come rifiuto speciale. In seguito al sequestro e alla perquisizione del cantiere nel maggio 2017 i militari trovarono anche otto scatole con 40 candelotti di dinamite da 25 kg, insieme a detonatori e altri esplosivi, materiale per il quale non c’era l’autorizzazione allo stoccaggio: “L’esplosivo veniva da una ditta dell’alessandrino – ha spiegato Casciani -, doveva essere caricato su un apposito registro ed utilizzato entro le 24 ore, altrimenti avrebbe dovuto essere smaltito o distrutto”. Vennero trovati candelotti inesplosi anche all’interno del tunnel, conservati in modo inappropriato con il rischio che potessero esplodere in qualsiasi momento. Il processo è stato rinviato al 21 maggio.

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