Si nascondono spesso fra le pieghe dell’attualità piccoli e grandi eroismi che, nella loro solitudine e discrezione, non riescono a raggiungere l’attenzione e la sensibilità di molti di noi.
È il caso, ad esempio, del Premio Vaclav Havel del Consiglio d’Europa, che onora le azioni della società civile in difesa dei diritti umani. Istituito nel 2013, quest’anno il premio è stato attribuito, il 20 aprile scorso, all’attivista dell’Arabia saudita per i diritti delle donne, Loujain Alhathloul.
Loujain è una giovane donna di 31 anni che ha trascorso 1.001 giorni in prigione per aver condotto una campagna per porre fine al sistema di tutela maschile, per permettere alle donne di poter guidare e per garantire una maggiore tutela delle donne che subiscono abusi e violenze. Uscita di prigione, ma agli arresti domiciliari, Loujain interpreta questo premio come un sostegno internazionale per denunciare le ingiustizie e le violazioni dei diritti nel suo Paese.
Secondo Amnesty International, che definisce l’Arabia Saudita “regno della crudeltà”, non esisterebbe più nel Paese un solo difensore dei diritti umani in libertà. Per Loujain e per tutti i suoi compagni la strada è ancora lunga e non vanno dimenticati.