Ha scritto con i carcerati le riflessioni della Via Crucis del Papa nel lockdown. Qui don Marco Pozza fa una riflessione su fede, vita e fragilità alla luce dell’esperienza della pandemia. Il testo indaga al bivio di una fede e di una speranza che si sono misurati con il Covid con il vuoto provocato dalla pandemia. Don Marco ripercorre gli articoli del Credo, attraverso i momenti della professione di fede cristiana, alla luce del vuoto di questo anno, ormai, difficile e, speriamo, unico. E sa provocare, approfondire, scalfire le sicurezze di un “credo” spesso superficiale e che non va a fondo, e che dunque dobbiamo saper riascoltare come se fosse la prima volta, dobbiamo riappropriarcene con stupore sapendo che la fede, ora più che mai, dopo la pandemia, non può essere più un optional, ma una messa in gioco nella nostra storia. Tra memorie paesane e sprazzi d’attualità, don Pozza si concede delle lezioni di lentezza per cercare una risposta alla domanda che ci interpella ovunque, soprattutto sul ciglio della fatica e della tentazione di abbandonare tutto, del dolore e della morte. “L’uomo ha diritto di voto, la bellezza ha diritto di vuoto per brillare – scrive -. Perché credere quando attorno è buio? Nell’emergenza il Vangelo è uno spicchio di luna a forma di falce: la parte fulgente illumina quella oscura. Che vuota non è”.
Una riflessione profonda per un nuovo cammino quaresimale.
Ciò che vuoto non è
di Marco Pozza
San Paolo
16 euro