È la storia di quattro partigiane raccontata da Caroline Moorehead, la scrittrice nata a Londra, giornalista e attivista per i diritti umani che ha scritto due libri di grande successo come “Un treno per Auschwitz” rievoca un’altra pagina inedita della II Guerra Mondiale e “La piccola città dei sopravvissuti”. Sebbene sia una storia nota quella della Resistenza, raramente è stata raccontata dal punto di vista delle donne coinvolte. Caroline Moorehead lo fa attraverso le vite incrociate di quattro amiche torinesi che sono diventate staffette nella resistenza, consegnando intelligence, lettere e armi: Bianca, laureata in diritto comunista e agitatrice di fabbrica, Silvia, un medico, Frida, laureata in lettere, e Ada, la vedova dell’antifascista Piero Gobetti. Due delle donne provenivano dalla comunità valdese. Ada e Silvia erano entrambe madri. Le donne avevano vantaggi strategici rispetto ai partigiani maschi: abituate ad essere invisibili o sottovalutate, erano per certi versi clandestini naturali. “Potresti essere chiunque. Eri un fuoco senza fumo né fiamma ”. Le truppe ai posti di blocco spesso ignoravano carrozzine o acquisti come bagaglio naturale delle donne, non rendendosi conto che potevano essere il travestimento per il contrabbando. La loro trasformazione da figlie studiose e rispettose in combattenti audaci, trasandate ed esauste è raccontata in modo brillante e sottile. Moorehead contestualizza le storie delle donne all’interno della guerra più ampia. E compare anche Duccio Galimberti. I partigiani erano costantemente frustrati dal tiepido sostegno degli alleati, che erano allarmati dalla corrente del comunismo all’interno della resistenza e avevano pregiudizi sul carattere italiano. Una narrazione avvincente e convincente.
La casa in montagna
di Caroline Moorehead
Bollati Boringhieri
29 euro