Lunedì e martedì, il consiglio comunale di Cuneo è chiamato a deliberare in via definitiva sul luogo dove costruire il nuovo ospedale unico. Lo studio di prefattibilità commissionato dalla Fondazione Ospedale Santa Croce prima e la Commissione comunale ad hoc poi, hanno dato indicazione univoca: Confreria, nell’area del Carle. Ma il consiglio comunale è sovrano, e la sua decisione, preso atto delle indicazioni tecniche ricevute, non è vincolata ed è squisitamente politica. Deve prioritariamente prendere in considerazione l’interesse generale della città e dei suoi cittadini. E non è detto che tale interesse si sposi con le indicazioni tecniche che a molti cuneesi- specie a chi nella sanità opera – risultano tutt’altro che convincenti.
Non si può negare che le indicazioni “tecniche” pervenute, abbiano il forte sapore di scelte prese altrove, in sedi più o meno proprie, e poi “regalate” a chi deve assumere la decisione finale. Che siano insomma indicazioni più politiche che tecniche. Per questo ci stanno ancora alcune riflessioni, maturate nel confronto tra due diversi convegni che chi scrive ha avuto la possibilità di moderare e che si possono rivedere sul sito del nostro giornale (www.laguida.it, nella sezione video)
La prima. Il consiglio comunale decide ‘soltanto’ della collocazione geografica del nuovo ospedale, non dei suoi contenuti medico-sanitari. Questi ultimi competono alla sanità regionale. La scelta del luogo invece spetta in via esclusiva al Comune di Cuneo. Ha a che fare con il tipo di città che vogliono i cuneesi e non chi a Cuneo non vive, non abita, non vota. In gioco è la Cuneo di domani con la qualità di vita, di movimento, di relazioni dentro questa città.
Gli amministratori di Cuneo sono stati eletti per fare gli interessi di Cuneo, non quelli della Provincia, non quelli della Regione, meno che mai delle lobby dei costruttori e dei progettisti e nemmeno della Fondazione Ospedale Santa Croce. Perché ognuno di questi soggetti ha visioni, prospettive e interessi propri, diversi, spesso divergenti da quelli di Cuneo.
La seconda. La battaglia sui contenuti dell’ospedale e più ancora sui rapporti con il resto del territorio provinciale perché si realizzi un’unica gestione comprendente Asl e aziende ospedaliere, perché le aziende sanitarie e i diversi ospedali di una provincia che si fanno la concorrenza fra di loro sono un’aberrazione, andrà fatta in un secondo momento ed è del tutto indipendente dalla collocazione dell’ospedale unico ma sarà decisiva per il suo buon funzionamento come ospedale di primo livello per tutta la provincia.
La terza. Realizzare il nuovo ospedale fuori città, significa cambiargli totalmente i connotati relazionali con i cuneesi, ma anche con chi viene da fuori Cuneo e apprezza proprio questa capacità di accoglienza che umanizza come poche altre cose il mai banale rapporto con la sanità. Significa abbandonare questo consolidato “modello Cuneo” per scegliere il “modello Verduno”, o il modello Mondovì. Per i quali non ha importanza il luogo dove sorge l’ospedale, perché non è l’ospedale che si adegua alle esigenze dei cittadini ma l’esatto contrario. L’ospedale è insomma del tutto avulso dal contesto di vita di una comunità.
La quarta. La scelta di Confreria, porterà inevitabilmente ad abbandonare a se stesso per molti anni l’intero, centralissimo “quartiere Santa Croce”. Sette, otto o forse dieci anni dureranno i lavori di costruzione a cui vanno aggiunti gli anni di progettazione prima di arrivare all’apertura del cantiere. E soltanto a lavori ultimati del nuovo ospedale a Confreria si potrà iniziare a mettere mano agli attuali edifici del Santa Croce in centro città. Il rischio che si ripeta la disavventura del vecchio Santa Croce nella città vecchia, rimasto per sessant’anni senza una destinazione, è tutt’altro che remoto.
In definitiva, l’ospedale nuovo a Confreria diventa una scelta urbanisticamente strategica che condizionerà pesantemente gli sviluppi dei prossimi vent’anni obbligando ad uno sviluppo enorme e sbilanciato – costruzioni abitative, di servizi, di viabilità fortemente impattante – della città in quell’area del territorio comunale. Che rischierà di restare comunque avulsa dal contesto cittadino, a causa della cesura insuperabile del fiume Stura.