L’apertura poetica stabilisce luogo e ritmo: Elva, la quiete e il tempo per lo stupore silenzioso. La primavera ha il volto della violetta, delle risate dei bimbi, della marmotta che torna a fischiare: un impasto di colori, suoni sensazioni che scende nell’animo.
I racconti di Daniela Dao Ormena affiorano dalla memoria. Si arricchiscono di emozioni che mai pesa sul reale descritto. Al più lo colora di suggestioni emotive che coinvolgono con discrezione. Rende giustizia a un mondo, che oggi si percepisce come affidato al passato. È un parlare delicato come avesse tra le mani qualcosa di fragile: la memoria è per sua natura esile sempre sull’orlo dell’effimero. Eppure lì si custodisce la propria identità.
Nel primo brano c’è un gesto insignificante che pure si impone: “mentre cammini, liberi il collo dalla sciarpa”. Nello specifico è il buttarsi dietro il freddo dell’inverno, perché “lei è già qui”, la primavera. Letto però sulla soglia degli altri ricordi comunica un desiderio di libertà, di respirare l’aria fresca nel recupero delle proprie radici. È l’equilibrio tra natura e uomo, tra vita ed esperienza quotidiana a intessere le pagine successive: il sentirsi “al posto giusto”. Del resto “se l’uomo di oggi, per trovare il benessere, ricorre a discipline orientali lontanissime dalla nostra cultura, perché dovrebbe sembrarci così strano ‘stare bene’ facendo qualcosa che è da sempre parte della nostra tradizione, come falciare?”, altro gesto dimenticato.
Il viaggio tocca luoghi “che trafiggono l’anima di emozioni, apparentemente muti che hanno ancora tanto da raccontare”. L’autrice si mette in ascolto. Investigatrice della vita, è consapevole che sta dando voce a ciò che è lì a portata di chi sa ascoltare. Altroché “borgate fantasma”: l’unico fantasma qui è l’uomo. Pavimenti, porte, oggetti, pietre, gli ultimi abiti: scricchiolano, cigolano, sventolano. Sono vivi nel custodire il passato di persone. E non manca lo spunto polemico: sottrarli a quel luogo, portarseli via come trofeo da esporre è ucciderne l’anima che “vive lì dove ha una storia”.
L’oggetto non è mai chiuso in se stesso. Parla di persone che l’hanno costruito e usato, di gesti ripetuti. Così l’autrice ha preso in contropiede il lettore. Seguendo il percorso di un visitatore che vede case, strade, pietre e si interroga sul loro futuro, in realtà gli fa incontrare persone e stili di vita governati dalla fatica, segnati nell’intimo dalla semplicità e dalla serenità. In un angolo incontra Talino che accoglieva sempre col sorriso, incrocia il mistero di Toni Truso, mendicante affiorato da chissà dove, coglie il “piccolo lusso” dello specchiarsi di Nina, ammira l’arte di Piri il maniscalco
E con le persone ci sono gli animali come Rous, il gatto geloso custode della sua libertà, o Nina, la mula che fa coppia perfetta col suo “padrone” Tan. C’è posto per le piante come il larice, “amico” perché materia prima di ogni cosa, o il campo di patate luogo “in cui rifugiarsi nei giorni che si vuol stare lontani da tutti”.
Memorie di un tempo
di Daniela Dao Ormena
Primalpe
20 euro