Sembra un passaggio secondario e per questo a prima vista ridondante di particolari quello della camera oscura, del processo di fissaggio e successiva stampa di un rullino fotografico. E invece è il momento in cui la storia prende una piega diversa. Finora era il ricordo di Marina da parte della sorella Graziella, quasi un omaggio al vuoto lasciato dalla sua “assenza”, ma anche questa parola andrebbe riletta alla fine del romanzo. Poi c’è la passione ancora di Marina per la fotografia e allora la storia prende i contorni di un’indagine su un caso archiviato da decenni.
Lo stesso maresciallo Guidi, pur appoggiando la nuova indagine, non può ufficialmente riaprire il caso. Su quali basi? Su una fotografia scattata da Marina in cui sembra intravedersi Riccardo, il ragazzo scomparso ventisei anni prima? Su sensazioni inspiegabili della stessa Marina che percepisce delle presenze, addirittura una richiesta di aiuto? Nessuno ci crederebbe, rischierebbe anzi di diventare lo zimbello dell’Arma. Né può dargli torto la stessa Marina che ammette di apparire persona “un po’ strana e forse anche un po’ tocca”. Nonostante ciò ritiene che “qualcuno le ha assegnato un compito da svolgere” e quando Guidi le affida ufficialmente le indagini è “combattuta tra l’onere di ricercare la verità e il diritto a rinunciare e vivere una vita senza complicazioni”.
Inseguendo misteriosi segnali che di tanto in tanto compaiono, Marina va avanti avvolta nella costante sensazione di una presenza evanescente che si è manifestata impressionando il rullino fotografico. Come per l’immagine latente della fotografia, che il digitale non restituirebbe, così questa sensazione si fa tangibile solo se si riesce a stare “accanto al cuore” lasciandosi penetrare da queste assenze. E non è solo una percezione superficiale, né un semplice ricordarsi.
Accanto al cuore
di Graziella Dotta
Primalpe
14 euro