Borgo San Dalmazzo – È davvero raro assistere a un processo in cui la cosiddetta “arma del delitto” venga presentata direttamente dall’imputato, eppure è quello che è accaduto mercoledì 7 ottobre in tribunale a Cuneo, nel processo che vede imputati per molestie e disturbo alle persone i signori G. D. G. e C. M., una coppia residente a Borgo San Dalmazzo. I due sono accusata dal vicino di casa G. S. di avergli scattato delle fotografie e di averlo ripreso con il cellulare, realizzando video contro la sua volontà.
Quando il giudice del processo, la dottoressa Anna Gilli, ha chiesto all’imputata se era vero che aveva ripreso il vicino di casa con il proprio cellulare, la donna ha onestamente e candidamente risposto di sì.
“L’ho fatto – ha detto – perché altrimenti nessuno avrebbe mai creduto che quell’uomo ci tormenta da 13 anni. Ogni volta che usciamo nel nostro cortile o anche quando usciamo di casa o rientriamo con l’auto lui è lì che ci insulta. In particolare, quando sono sola lui si spoglia davanti a me calandosi i pantaloni. I Carabinieri mi dissero di scattare foto per provare quello che dicevo”.
Dello stesso tenore la deposizione del marito, coimputato nel processo: “Ogni volta che ho fatto qualche lavoro in giardino – ha ricordato l’uomo davanti al giudice – lui chiamava i vigili per denunciarmi per abuso edilizio, anche per la posa delle piastrelle del cortile o quando misi la pietra sul muro della casa. È stato un tormento da sempre”.
Ha poi aggiunto un dettaglio: “Avevo anche installato una telecamera di videosorveglianza perché la siepe che ci separava era stata tagliata e spruzzata con qualcosa che l’aveva fatta seccare”.
Insomma, nello strano gioco di specchi di questo processo, la deposizione degli imputati si era trasformata in un atto d’accusa contro il vicino e quest’ultimo da vittima, fotografata e videoripresa contro la sua volontà, in imputato. Ma se la prova della colpevolezza è stata limpidamente esibita dalla difesa dei due imputati, ora occorrerà visionare fotografie e filmati per capire se ci sono gli elementi per considerare quel gesto un disperato tentativo di difendersi dalla presenza molesta del vicino oppure no.