Cuneo – “In questa fase della pandemia l’ospedale è un ambiente sicuro per effettuare un percorso diagnostico e chirurgico. Ai primi sintomi sospetti occorre recarsi dal proprio medico di base che, qualora ne ravvisi la necessità, disporrà ulteriori accertamenti che consentano una diagnosi precoce del tumore al polmone. Intercettare le lesioni neoplastiche ed evolutive di questo tipo allo stadio iniziale offre, infatti, una maggior possibilità di successo, assicurando una guarigione definitiva nell’80% dei pazienti operati all’esordio della patologia. Bisogna sapere che in un mese/un mese e mezzo, il tumore al polmone può passare da operabile ad inoperabile”.
È questo l’accorato appello lanciato questa mattina, venerdì 12 giugno, dal dr. Giulio Melloni, direttore della Chirurgia Toracica dell’ospedale di Cuneo, e dal dr. Alessandro Garibaldi, Direttore Sanitario di Presidio.
“La pandemia da Covid – ha detto il dr. Melloni – ha avuto un effetto devastante anche sulle malattie oncologiche e in primo luogo sui pazienti affetti da tumore al polmone. Ha, infatti, fatto sì che non si sia più potuto diagnosticare precocemente questo tipo di tumore, facendoci fare un passo indietro di 20/30 anni”.
Pur non essendo mai stata sospesa l’attività chirurgica in urgenza e oncologica anche nel momento di maggior pervasività dell’epidemia, “l’emergenza sanitaria – ha spiegato il dr. Melloni – ha bloccato, da un lato, gli screening specifici, dall’altro tutti quei percorsi diagnostici intraospedalieri veloci che consentivano al paziente in cui veniva riscontrata occasionalmente una lesione sospetta al polmone, di giungere rapidamente ad una diagnosi. Buona parte delle neoplasie polmonari vengono, infatti, scoperte durante l’iter preoperatorio di interventi chirurgici per altre patologie o accertamenti cardiologici, eseguendo una lastra ai polmoni in pazienti asintomatici e senza disturbi respiratori. Ma nella fase acuta della pandemia gli interventi in elezione sono stati bloccati, come gran parte delle visite ambulatoriali”.
A tutto questo va poi ad aggiungersi la ritrosia a sottoporsi a controlli ed accertamenti da parte di pazienti paucisintomatici, per timore che l’ospedale li esponga al rischio di contrarre il Covid. “Ma in questa fase – hanno ribadito i medici – l’ospedale è un ambiente sicuro, nel quale vengono sistematicamente applicati tutti i protocolli anti contagio previsti”.
La Chirurgia Toracica cuneese, che finora non ha incontrato alcun caso Covid ed il cui bacino di utenza comprende l’intera provincia, effettua in media 400 interventi l’anno, dei quali 140/150 per la cura radicale del tumore primitivo. “Con un blocco di 2/3 mesi per la pandemia, – ha concluso il dr. Melloni – è verosimile che in questo momento ci siano 40/50 pazienti che sarebbero già stati curati e che, invece, convivono con una lesione potenzialmente neoplastica ed evolutiva non diagnosticata. Un numero che si allarga notevolmente considerando anche i pazienti con malattia avanzata che in questo periodo possono rifiutare le cure”.