Beinette – Due coniugi di origine cinese, 44 e 43 anni, sono stati ritenuti responsabili di sfruttamento di manodopera (articolo 603 bis del Codice penale, quello sul “caporalato”) e hanno patteggiato undici mesi di reclusione; ora sono in libertà, dopo essere sono stati sottoposti ad arresti domiciliari, dal luglio scorso per circa tre mesi. I due, oltre a un ristorante di proprietà, a Beinette, gestivano un centro di accoglienza migranti, aperto nel 2015 per ospitare 24 persone, in un hotel affittato sempre in quel paese.
Quella struttura era il “bacino di lavoro” cui attingevano per l’attività, ma in modo del tutto irregolare, a quanto emerso: per cinque lavoratori (sui 25 anni, originari di Nigeria, Senegal, Ghana e Mali) il rapporto di lavoro era di 11-12 ore al giorno, sette giorni su sette, senza riposi né altro, in scarse condizioni di sicurezza e di igiene, e solo per alcuni c’era un contratto di lavoro part time di poche ore per circa 200 euro al mese; se qualcuno si ribellava, veniva licenziato. I fatti si sono svolti tra il settembre 2017 e l’aprile scorso; intanto, i due gestivano anche altri due Cas, in alloggi, a Montoso (chiuso nell’ottobre 2018) e a Robilante (chiuso in questi mesi).
La vicenda è emersa grazie alle segnalazioni di uno dei lavoratori sfruttati, che si è lamentato della situazione e ha anche riferito di un infortunio sul lavoro (in cucina, un’ustione con olio bollente curata solo con qualche pomata). Da quelle parole sono scattate le indagini che hanno portato a individuare i due responsabili di sfruttamento e chiarire il contesto in cui ciò avveniva. Gli inquirenti hanno sottolineato l’importanza di questa “rottura del muro di silenzio”.
I cinque giovani hanno poi ricevuto una somma di denaro, a titolo di risarcimento; per i due coniugi cinesi è anche scattato il sequestro di un alloggio di proprietà a Savona, a copertura economica dell’evasione tributaria e previdenziale quantificata in 191.000 euro.