Boves – “La memoria va mantenuta e, in questo caso va riscoperta”. Con questa frase Ezio Bernardi ha introdotto la serata di mercoledì 18 che l’Associazione don Bernardi e don Ghibaudo ha voluto dedicare a Ignazio Vian, comandante a Boves di una delle prime formazioni partigiane. Insieme con il direttore de La Guida e Luigi Pellegrino, Giovanni Maria e Lorenzo Vian, nipoti di Ignazio (in platea altri parenti del comandante partigiano), hanno ricordato la vita dello zio. Un ricordo condiviso anche con il telegramma giunto in giornata dalla Presidenza della Repubblica e letto a inizio dibattito dal vicesindaco Matteo Ravera. “In occasione della cerimonia organizzata nel 76º anniverario dell’eccidio di Boves – ha scritto Mattarella – desidero far pervenire a Lei, signor Sindaco, alla cittadinanza, ai parenti delle vittime e ai rappresentanti delle città gemellate, il mio saluto. La strage di Boves fu uno tra i primi Eccidi compiuti in Italia, dopo l’8 settembre dai nazisti, che si accanirono con inaudita ferocia – dopo aver violato la parola data – contro donne, anziani e bambini inermi. Il territorio di Boves fu funestato da un’altra gravissima strage di civili tra il 1943 e il 1944. L’occasione della cerimonia consente di ricordare anche il Comandante partigiano di Boves Ignazio Vian, Medaglia d’oro al Valor militare, eroica figura di militare e di combattente per la libertà, catturato, a lungo crudelmente torturato e, infine, impiccato dai nazisti a Torino nel luglio del 1944. La memoria di quei terribili accadimenti e dei Martiri va custodita scrupolosamente: vi troviamo le radici della nostra Repubblica e l’antidoto a ogni forma di volenza, razzismo e sopraffazione”.
“Meglio morire che tradire” scriveva con il sangue Ignazio Vian durante la prigionia come testimoniato dal compagno di cella don Carlo Falco (Daniel Karl). “Un pensiero questo – ha detto Bernardi – che ricorda il brano di Vangelo di Giovanni in cui Gesù dice “nessuno ha un amore più grande di questo: donare la vita per gli altri”.
Commozione nel ricordo dello zio affidato a Lorenzo e Giovanni Maria Vian. “Lo zio è nato ed è morto in anni di guerra (1917 e 1944). Originario di Venezia, seguì la famiglia a Roma nel 1935. Nonostante fosse stato reso non idoneo al servizio militare decise di farsi operare per non sottrarsi al destino dei suoi coetanei. Prestò servizio militare in Grecia e poi, dopo l’8 settembre, non ebbe dubbi sulle scelte da fare”.
Il ricordo di quei terribili giorni di fine 1943 e inizio 1944 fra Bisalta, Valle Pesio e Val Corsaglia, è stato tratteggiato da Luigi Pellegrino fino a giungere alla cattura a Torino (tradito da un suo ex soldato), alle torture in carcere e al 22 luglio 1944, giorno in cui il Comandante Vian viene impiccato a un albero in Corso Vinzaglio. “Primo fra i primi – recita la motivazione del conferimento della medaglia d’oro – organizzava il fronte della resistenza in Piemonte affrontando in campo aperto il tedesco invasore ed assumendo quindi la condotta della più epica battaglia della guerra partigiana tra gli incendi e le rovine di Boves, dove, chiamati a raccolta col suono delle campane i suoi volontari, in quattro giorni di dura lotta li incitava alla riscossa con la parola, l’esempio e il suo strenuo valore. Caduto in mano al nemico, con stoicismo sopportò le torture più atroci pur di non tradire i compagni di lotta. Sereno e cosciente salì al capestro nel nome d’Italia, martire della libertà, santo dell’idea”
“Vian – ha concluso Pellegrino – nella sua vita ha scelto l’onore, il rispetto della legge e la fedeltà al giuramento”.
Giovanni Maria Vian ha voluto “ringraziare don Bruno Mondino ideatore di questo percorso che Boves sta facendo per conservare una memoria fondamentale per il futuro. La memoria di Ignazio è stata per noi familiari dolorosa e silenziosa, una ferita che non si è più rimarginata”. Nel suo intervento l’ex direttore dell’Osservatore Romano ha citato poi il libro “Banditi” in cui il filosofo Pietro Chiodi ricordava che quell’albero, testimone della morte del Comandante, venne ornato spontaneamente della popolazione di fotografie, fiori e lettere. Sotto la foto di Ignazio Vian, la scritta “Italiano ricordati le sue ultime parole: sangue di martiri, semenza di eroi”. In chiusura, la lettura di uno stralcio del libro di Vittorio Emanuele Giuntella “Ignazio Vian: il difensore di Boves” in cui compare l’emozionante testimonianza e il ricordo dei familiari di Vian.
“Sono rimasto molto colpito dal fatto che siano venuti così tanti membri della famiglia Vian – ha detto don Bruno Mondino nell’intervento di chiusura della serata-. La famiglia è quell’elemento che tiene viivo il ricordo, è quella che soffre, che si unisce. E allora possiamo affermare che Ignazio è vivo non solo per quello che ha fatto ma anche perché ci siete voi che gli volete bene”.