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Venerdì 22 novembre 2024

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Visto con voi: “The Yalta Game” e “Platonov”

Gli appassionati di Cechov hanno trovato pane per i loro denti all’Astra di Torino che ha proposto insieme, per alcuni giorni, due spettacoli ispirati dal loro beniamino. I prossimi appuntamenti del teatro a Torino

La Guida - Visto con voi: “The Yalta Game” e “Platonov”

Cuneo – In che cosa consiste la perenne modernità dell’opera di Anton Čechov? Come mai ci piacciono così tanto i suoi testi teatrali, dove si mescolano senza soluzione di continuità lirico e prosaico, tragedia e farsa, atmosfere dolcemente malinconiche e situazioni grottesche? Perché non ci stufiamo mai delle sue storie, dove capita poco e si parla molto? Perché i suoi personaggi, falliti o comunque frustrati dai troppi desideri irrealizzati, incapaci di fuggire davvero dal loro microcosmo periferico, ci comunicano così tante emozioni?
Chi ama il drammaturgo russo (e quindi probabilmente ha la risposta a queste domande), ha fatto bene a recarsi al Teatro Astra di Torino che dal 3 al 6 aprile ha offerto quello che nel mondo anglosassone si chiama “double bill” (ovvero due spettacoli consecutivi) interamente cechoviano. Si iniziava alle 19 con “The Yalta Game” proposto dal bolognese Saveria Project e si continuava alle 21, nella sala principale, con “Platonov”, allestito da Il Mulino di Amleto, compagnia con base nel capoluogo piemontese.
Il primo (“Il gioco di Yalta”) è in realtà un atto unico del drammaturgo irlandese Brian Friel (1929 – 2015) che vi rilegge uno dei cosiddetti “racconti della maturità” di Čechov, ovvero “La signora col cagnolino” del 1899, dove un uomo e una donna, entrambi in villeggiatura, si divertono ad immaginare biografie straordinarie e paradossali delle persone da loro incontrate per caso nella celebre città marittima della Crimea. Nel frattempo, tra di loro, nella loro vita “normale” entrambi sposati, nasce una storia d’amore. La confusione tra finzione e realtà e il cortocircuito emotivo e sentimentale che nascerà tra i due, una volta tornati nelle loro rispettive case, offrono a Friel l’occasione per un’intelligente ma non pedante riflessione sul significato e sul ruolo della simulazione a teatro.
I due bravissimi attori di questa messinscena, Stefano Moretti (anche traduttore e regista) e Giulia Valenti, interpretano la storia, coinvolgendo a tratti il pubblico nel “gioco” del titolo e immaginando storie fantastiche di chi viene ripreso dalla telecamera da loro usata. I volti degli spettatori finiscono così sullo schermo alle spalle dei due, dove si avvicendano di volta in volta immagini storiche su Yalta (dalla celebre conferenza del 1945 alla recente occupazione militare della Crimea ad opera di Putin) o scene della storia d’amore tra i due girate come un vecchio film in bianco e nero. Il risultato, breve (un’ora scarsa) e convincente, diverte e allo stesso tempo, per la malinconia che lo pervade, commuove in modo potente.
Il coinvolgimento del pubblico è uno degli aspetti centrali anche dello spettacolo del Mulino di Amleto, riscrittura di “Platonov”, la prima pièce che Čechov scrisse appena 21enne. Rifiutata dall’attrice per cui era stata pensata (la leggendaria Maria Yermolova) e mai messa in scena mentre l’autore era ancora in vita, fu pubblicata postuma nel 1923, quando si iniziò a capire che conteneva già in nuce tutti i temi che si trovano in capolavori come “Il giardino dei ciliegi”, “Zio Vanya”, “Il gabbiano” o “Tre sorelle”.  Siamo infatti in provincia, lontanissimi da Mosca. I personaggi sono rosi da un senso di frustrazione ineludibile, a partire dallo stesso protagonista, un giovane maestro elementare che, nonostante le sue capacità istrioniche e il potere di attrazione che esercita su tutte le donne del dramma, più che a un Don Giovanni russo assomiglia a una reincarnazione di Amleto, per la sua incapacità di prendere davvero in mano la propria vita e di impedire che la dolorosa disillusione che lo circonda esploda.
Diretti con grande capacità da Marco Lorenzi (coautore, insieme a Lorenzo De Iacovo, dell’adattamento), gli attori conducono virtualmente il pubblico, fin dall’ingresso in sala dove vengono offerti bicchierini di vodka, ad una festa organizzata da Anna Petrovna nella sua dacia, che tra l’altro sta per essere venduta per i debiti. Mentre il tasso alcolico degli invitati aumenta spaventosamente, i nodi vengono al pettine, le ostilità, i risentimenti, i ricordi dolorosi, le pulsioni autodistruttive e gli atteggiamenti patetici e ridicoli che caratterizzano molti di loro deflagrano, senza però una vera catarsi.
Anzi, la morte violenta che tocca nel testo al protagonista viene trasformata dalla compagnia in una sorta di inno alla vita. Ovvero quell’irreprimibile bramosia di vivere che, nonostante tutto, sembra pervadere quest’allestimento frenetico, pieno di azioni, istintivo, a tratti selvaggio e violento (la scena del waterboarding è di inusitata ferocia). Visivamente davvero notevole tra luci espressioniste e immagini proiettate su uno schermo con uno smartphone, è ricco di suoni e musiche, curati da un vero e proprio dj in console (Giorgio Tedesco), in scena insieme agli attori (eleganti le donne, in vestiti casual gli uomini) e ai tanti oggetti ed elementi che riempiono il palco. In certi momenti, sembra di trovarsi in quel capolavoro tragicomico che – in “Delitto e castigo” – è l’imbarazzante e patetico banchetto funebre, offerto (con i soldi di Raskol’nikov) da Katerina Ivanovna Marmeladova in onore del marito.
Ma se lo spettacolo del Mulino di Amleto (che debuttò al Festival delle Colline Torinesi nel 2018) è così coinvolgente e riuscito è soprattutto grazie al cast eccellente, a partire dal protagonista, un notevole Michele Sinisi (fantastico nella scena in cui ricorda la morte del padre), e dalla magnifica Sofia di Barbara Mazzi, il cui volto in bilico tra riso e disperazione è come un colpo al cuore. Ma non vanno dimenticati Roberta Calia (Anna, la padrona di casa, vedova), Raffaele Musella (il figlio della padrona di casa, marito di Sofia, dalle ridicole velleità artistiche), Stefano Braschi (un anziano proprietario terriero che vorrebbe impalmare Anna grazie al suo denaro), Angelo Maria Tronca (il figlio di quest’ultimo, un medico a dir poco sconsiderato), Rebecca Rossetti (la moglie di Platonov, figura interessantissima), Yuri d’Agostino (un delinquente, vicino di casa, ma anche batterista nei momenti di festa). Da rivedere, magari per goderne meglio i particolari.
Nel caso che, terminata la stagione del Toselli, qualche lettore cuneese voglia e possa andare a Torino per soddisfare la sua fame di teatro, ci sono parecchi spettacoli interessanti in arrivo: la versione scenica di “Se questo è un uomo”  di Primo Levi, diretta e interpretata da Valter Malosti (Teatro Carignano, dal 23 aprile al 12 maggio); l’”Amleto” di Valerio Binasco e Fausto Paravidino (Limone Fonderie, Moncalieri, dal 30 aprile al 19 maggio); “Il sistema periodico”, ancora da Primo Levi, con Luigi Lo Cascio (Teatro Astra, 7-12 maggio); “La lista”, l’appassionato omaggio di Laura Curino a Pasquale Rotondi, che durante la seconda guerra mondiale salvò circa diecimila opere d’arte dalla distruzione e dal saccheggio nazista (Teatro Gobetti, 14-19 maggio). Senza dimenticare, ovviamente, dal 2 al 22 giugno, il Festival delle Colline Torinesi che porterà, tra l’altro, la Societas, Pippo Delbono, Deflorian/Tagliarini, Liv Ferracchiati, lo stesso Michele Sinisi (con “Edipo”), Agrupación Señor Serrano (vincitori del Leone d’Argento della Biennale Teatro), gli altrettanto imperdibili El Conde de Torrefiel, nonché lo spettacolo vincitore del premio Ubu 2018, “Overload” di Sotterraneo.

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