Condanna a quattro anni e sei mesi di reclusione per i continui maltrattamenti alla moglie nel corso di dodici anni di matrimonio; è stata così integralmente accolta dalla giudice Elisabetta Meinardi, la richiesta avanzata dal pubblico ministero Annamaria Clemente a carico di D. M., cittadino albanese che dal 2009 si era trasferito in Italia con la moglie dalla quale aveva avuto due figli, nella zona di Costigliole Saluzzo. La donna si era allontanata con i figli nel 2021, in seguito alla denuncia ai Carabinieri, e aveva raccontato del suo matrimonio combinato in Albania e delle continue violenze subite dal marito fin dal primo giorno della loro convivenza. Schiaffi che volavano per qualsiasi motivo, per l’abbigliamento o per una parola di troppo; la sopraffazione nei confronti della donna si manifestava in vari modi anche versando per dispetto l’olio per terra, obbligandola a pulire, o pretendendo da lei l’intero incasso dei suoi lavori come donna delle pulizie, arrivando a picchiarla se con i soldi guadagnati osava fargli un regalo, come quando spaccò a terra il cellulare che lei gli aveva regalato per il compleanno. Una violenza ripetuta che aveva indotto la vittima a credere che quella fosse la normalità, tanto che la sera del 27 marzo 2017, quando si verificò l’episodio più grave con il ricovero in ospedale sia della donna sia di sua madre (ospite per qualche tempo della famiglia) disse ai militari che lui aveva sempre usato violenza contro di lei ma mai come quella sera. L’ennesima aggressione condotta con violenza feroce, con la donna presa a calci e pugni quando ormai era a terra inerme e con la figlia che le suggerì il numero dei Carabinieri come le avevano insegnato a scuola. “Un matrimonio combinato, una storia di soggezione e oppressione in ossequio a una subcultura che prevede la totale sottomissione della donna al marito”, aveva sottolineato nella sua conclusione il pm chiedendo la condanna dell’imputato alla pena di quattro anni e sei mesi, richiesta cui si era associata la parte civile con l’avvocato Mannino, chiedendo un risarcimento di 100.000 euro in virtù del lungo periodi di maltrattamenti subiti. Il legale di difesa, avvocato Bottasso, aveva invece contestato l’intero impianto accusatorio poiché in dibattimento si era parlato di soli quattro episodi, insufficienti a delineare un quadro di dolo unitario e per questo era stata chiesta l’assoluzione per mancato raggiungimento della prova. La giudice però oltre ad accogliere la richiesta di condanna, ha disposto una provvisionale risarcitoria di 30.000 euro a favore della vittima in attesa della pronuncia del giudice in sede civile.