Sono stati tutti assolti per insussistenza del fatto i quattro cuneesi imputati di aver sottratto merce dal supermercato Big Store di Madonna dell’Olmo. I fatti contestati dalla Procura risalivano al periodo compreso fra aprile e giugno 2019. Secondo gli inquirenti, due impiegati del supermercato avrebbero segnalato come merce da scartare, in alcuni casi appositamente danneggiato, prodotti che in realtà erano ancora vendibili. Dopo aver scaricato la merce col lettore ottico, questa veniva messa in sacchi neri, portata fuori dal supermercato e collocata nell’area dei cassonetti dove gli altri due imputati, non dipendenti del supermercato, l’avrebbero portata via. Quattordici gli episodi contestati dall’accusa e ripresi con le telecamere posizionate nei pressi dei cassonetti. A uno dei due impiegati era stato contestato di aver utilizzato la scusa delle donazioni alle Onlus per sottrarre alcune confezioni di bibite, scrivendo una falsa lettera di richiesta di prodotti da destinare all’asilo frequentato dalla figlia per la festa di fine anno. Oltre alle bibite ai quattro era imputata la sottrazione di cassette di frutta e verdura, casse di birre, pacchi di pasta. Per il pubblico ministero Annamaria Clemente si trattava di merce buona che però veniva scaricata col lettore ottico come danneggiata o avariata per poi essere portata fuori e successivamente prelevata dagli altri due uomini: “I presupposti del furto ci sono tutti, dalla sottrazione dei beni all’ingiusto profitto”, aveva concluso il pubblico ministero chiedendo per i quattro imputati condanne che andavano dai sei ai nove mesi di reclusione. Una ricostruzione cui si era associato l’avvocato Rinaldo Sandri, legale della Dimar costituita in giudizio, secondo cui la rottura delle confezioni era diventato lo strumento attraverso cui era attuato il furto. Accuse invece fortemente contestate dalle difese dei quattro imputati, a partire dai due signori accusati di aver prelevato i sacchi di merce dai cassonetti. Secondo l’avvocato Fabrizio Di Vito il proprio assistito era semplicemente un pensionato che prelevava da quegli scarti un po’ di ortaggi buttati via, per i propri animali da cortile. Per l’avvocato Leonardo Roberi, legale dell’altro signore, erano in realtà le immagini stesse a scagionare il proprio assistito perché in nessuno dei fotogrammi si vedevano cassette piene di ortaggi, ma solo cassette vuote che l’uomo utilizzava per la propria attività di ambulante ai mercati. Nessun illecito ma solo l’applicazione di un preciso protocollo interno relativo alla merce da scartare era stata invece la tesi sostenuta dai difensori dei due dipendenti: “Se l’involucro si danneggiava nello scarico della merce e nel suo collocamento sugli scaffali, anche se il prodotto era ancora buono, il protocollo diceva che bisognava buttarlo”, aveva precisato l’avvocato Barbara Giolitti. E non sarebbero neanche stati i due imputati a svolgere questo lavoro, ma i dipendenti della cooperativa che lavorava in orario notturno al riempimento degli scaffali. Per quanto riguardava poi la contestazione di aver falsificato una lettera di richiesta di bevande, l’avvocato Monica Beltramo aveva precisato che la lettera esisteva davvero, così come era vera la destinazione di quelle bevande, la festa scolastica di fine anno, e come era anche stato accertato che la merce in oggetto (confezioni di the e cola) erano in realtà confezioni omaggio avanzate da speciali promozioni che in nessun modo avrebbero potuto essere vendute perché prive di codice a barre. La loro richiesta è stata quindi accolta dalla giudice che li ha assolti tutti perché il fatto non sussisteva.