“Un dinosauro nato vecchio”: sono molto chiari gli autori a proposito del forte di Vinadio. Alla luce di questa affermazione, l’imponente costruzione appare non solo come un gigante dai piedi d’argilla già in quella metà del XIX secolo, ma anche restituisce un’eloquente sensazione dell’effimero senso di potenza valido ieri come oggi.
Costruito in una quindicina di anni, il forte si rivela nel giro di pochissimo tempo superato dalle nuove tecniche di artiglieria. Aveva il compito di fermare eventuali eserciti che scendessero dalla valle Stura. Siamo nell’Ottocento. L’esperienza napoleonica è ormai terminata. La Restaurazione ha ridisegnato l’Europa, ma, come ogni passo compiuto a tavolino, lascia ampi spazi per nuovi scontri tra potenze. In questo quadro il piccolo stato dei Savoia torna a fare i conti con la Francia, la quale avrà anche dei problemi interni, ma certo è vicino scomodo. L’esperienza ormai secolare consiglia di apprestare efficaci linee di difesa. Di qui il progetto dei cinque “forti della Restaurazione”: Bard, Exilles, L’Esseillon, Vinadio e Ventimiglia. Gli ultimi due però subiscono ritardi per motivi finanziari cosicché solo negli anni Trenta dell’Ottocento si mette mano alla loro costruzione. L’apertura del cantiere per Vinadio è del 1834 in una posizione strategicamente più consona rispetto al forte di Demonte. La data presa come conclusione dei lavori, 1847, è puramente indicativa, dicono gli autori, perché di fatto progetto e cantiere vengono rivisti più volte negli anni successivi. Infatti verso la metà del secolo si registrano vere rivoluzioni nel settore dell’artiglieria e nella tecnica metallurgica che comportano presto una rapida obsolescenza per il forte di Vinadio. È proprio intorno a questi sviluppi tecnici che si concentra la ricerca dei due autori ampliando lo sguardo a quanto sta succedendo nell’industria bellica di Francia e Germania sia nella costruzione di nuovi cannoni sia nelle conseguenti ricadute sulle strutture architettoniche delle opere di difesa.
Questa dettagliata disamina tecnica è la base su cui si organizza la seconda parte della ricerca intorno al tipo di armamento presente nel forte nella seconda metà dell’Ottocento con la preliminare precisazione che quegli stessi sviluppi tecnici e politici non restituiscono alla struttura un’attiva funzione difensiva per cui era stata pensata. Infatti paradossalmente “mentre i tecnici del genio si affannavano a rinforzare le strutture murarie, le autorità militari sceglievano proprio la fortificazione della Valle Stura per sperimentare quanto di più moderno si fosse progettato nel campo dell’artiglieria da fortezza”. Se la gloria della battaglia non arride al forte, per qualche anno comunque esso rappresenta luogo privilegiato di sperimentazione militare, finché l’evoluzione tecnica non ne decreta il definitivo tramonto.
I cannoni a sfera del Forte di Vinadio
di Pier Giorgio Corino, Massimo Robotti
Editrice Baima-Ronchetti
euro 20