La sentenza del processo sulla morte di Daniele Peroncelli, il titolare di una ditta di impianti elettrici che morì la mattina del 14 gennaio del 2020 all’interno del capannone della Trae mentre cambiava delle lampade, arriverà il prossimo 19 settembre poiché nel corso dell’ultima udienza mancava il difensore di uno dei quattro imputati chiamati a rispondere di una serie di condotte che secondo l’accusa hanno causato la morte del giovane artigiano. Nell’udienza di marzo scorso il pubblico ministero Alessia Rosati aveva formulato le proprie richieste di condanna per tutti e quattro gli imputati, i due titolari della ditta ImQ che in quel periodo stavano lavorando alla realizzazione di un nuovo capannone adiacente a quello in cui avvenne l’incidente mortale e che avevano subappaltato al Peroncelli il cambio di alcune lampade nel vecchio capannone, il titolare della trae e l’imbianchino proprietario della piattaforma utilizzata dall’elettricista per raggiungere il soffitto dove erano appese le lampade.
Tutti, ognuno per quanto di sua competenza, secondo l’accusa avevano messo in atto condotte tali da causare la morte del Peroncelli, a partire dal fatto che l’elettricista su quella piattaforma non avrebbe potuto salire perchè sprovvisto del patentino necessario alla sua conduzione. La dottoressa Rosati aveva sottolineato nella propria requisitoria “le cacciata tecniche e organizzative del tutto inadeguate della ditta che quel giorno non aveva strumenti per lavorare in quota nè dipendenti abilitati”. La piattaforma della ditta ImQ infatti era stata portata via la sera prima perchè erano terminati i lavori nell’altro capannone e il Peroncelli la mattina dopo usò la piattaforma del titolare della ditta di verniciatura per salire a 8 metri di altezza a cambiare le lampade. Anche il proprietario del capannone secondo l’accusa sarebbe responsabile “poiché non aveva controllato l’idoneità tecnica della ImQ a svolgere quel tipo di lavoro nemmeno riguardo ai lavoratori autonomi che operavano all’interno del suo capannone”. Le condanna richieste erano state di 3 anni di reclusione e 7 mesi di arresto per D.Q. e 3 anni e 14 mesi di arresto per M.Q. senza la concessione delle attenuanti per il mancato pagamento della sanzione amministrativa e per il mancato risarcimento alla famiglia della vittima, moglie e figlia di due anni. Danno risarcito invece dagli altri due imputati per i quali è stata chiesta la condanna a 2 anni.
Nel corso dell’ultima udienza hanno parlato i difensori dei titolari della ditta ImQ. E del titolare della Trae, chiedendo l’assoluzione per i propri assistiti. “Tutto il processo avrebbe dovuto concentrarsi sul tipo di rapporto di lavoro che c’era tra la ditta ImQ e il Peroncelli – ha esordito l’avvocato Attilio Martino per i due titolari della ImQ chiamati a rispondere in giudizio – invece per iniziativa dello Spresal è stato preso in considerazione tutto l’appalto per la costruzione del nuovo capannone”. Per l’avvocato Martino questo aveva creato una enorme confusione tra le regole da adottare nel cantiere in corso nell’altro capannone e il lavoro subappaltato a Peroncelli, “che non era un cantiere temporaneo o mobile in cui si facevano lavori strutturali di tipo edile o elettrico, ma il semplicemente affidamento ad un impresario autonomo di ricerca del malfunzionamento e riparazione di alcune lampade, un’attività di ordinaria manutenzione non un cantiere” per la difesa quindi la ImQ non era tenuta a dotare il Peroncelli dell’attrezzatura per svolgere quell’incarico poiché era il lavoratore autonomo a procurasela. Secondo questa lettura non rientravano negli obblighi dei due titolari della ImQ tutte quelle prescrizioni in materia di sicurezza sul lavoro prevista nell’allestimento di cantieri. Nè, secondo la difesa, era imputabile a loro la responsabilità per l’incidente del Peroncelli che, secondo la propria ricostruzione dell’incidente, non era stato sorpreso di spalle mentre procedeva in retromarcia sulla piattaforma urtando la nuca contro la capriata del soffitto. Secondo la difesa l’uomo, forse per velocizzare i tempi di lavoro, aveva eseguito una manovra azzardata manovrando in retromarcia verso la lampada da sostituire, abbassandosi in corrispondenza della capriata per passare sotto senza valutare però l’angolazione del quadro comandi della piattaforma che era più alto del parapetto, “una condotta abnorme che interrompe il nesso di causalità dando luogo ad un evento non prevedibile”. Richiesta di assoluzione avanzata anche dall’avvocato Giulio Magliano per il titolare della ditta Trae, che ha ribadito a sua volta l’impossibilità di confondere i diversi lavori che erano in corso in quel momento alla Trae, da un lato la realizzazione di un nuovo capannone e dall’altra la sostituzione di due lampadine, “in quel cantiere tutto era stato controllato dallo Spresal e tutto era regolare. Quello di Peroncelli non era un cantiere strutturato, non richiedeva particolari accorgimenti a livello di impiantistica o specifiche raccomandazioni”. Fu l’elettricista, secondo la difesa, a prendere la piattaforma dell’imbianchino, un mezzo che aveva tutti i dispostivi di sicurezza in regola e fu sempre lui a compiere quella manovra azzardata non prevedibile nè prevenibile. Il 19 settembre parlerà il difensore del quarto imputato, cui seguiranno le repliche e la sentenza.