Era stato un sorpasso un po’ brusco, tanto che nella manovra erano cadute dal carro delle pannocchie ed erano state schizzate terra e pietre sull’auto del giovane che percorreva via Ferrera, a Busca, per andare al lavoro. “Finito il sorpasso dopo appena 50 metri quello ha svoltato a destra ed è entrato nel cancello di una cascina. Io sono sceso dall’auto, abbiamo avuto un diverbio per quella manovra, dopodiché lui è entrato in casa ed è uscito con una carabina minacciandomi di andare via”. I fatti riferiti dal 31enne dronerese che chiamò subito i Carabinieri per denunciare quel gesto, avvennero il 22 settembre 2023 e in seguito alla denuncia A. A., il possessore della carabina, venne denunciato per minaccia aggravata. In aula la parte offesa aveva anche riferito di aver invitato l’altro a uscire fuori dal cancello se aveva il coraggio e quello, dopo aver posato l’arma andò incontro al conducente dell’auto che però spaventato salì in auto per chiamare il 112. “Mi allontanai piano piano mentre aspettavo l’arrivo dei Carabinieri”, ha concluso il querelante che non si è costituito in giudizio. Il comandante della stazione di Busca ha riferito di aver trovato l’arma buttata in mezzo all’erba all’interno del cancello, “una carabina ad aria compressa di libera vendita senza necessità di farne denuncia”. Per il pubblico ministero anche se il fatto non era stato particolarmente grave, poiché la vittima della minaccia non era immediatamente scappata, la minaccia era stata comunque idonea a spaventare e per questo è stata chiesta la condanna dell’imputato a quattro mesi di reclusione. Per il difensore, l’avvocato Attilio Martino, il gesto di prendere la carabina era stata una semplice reazione ai toni sicuramente vivaci con cui il conducente che era stato sorpassato aveva manifestato il proprio disappunto per la manovra: “Era nella sua proprietà, dentro il cancello chiuso, e ha reagito a una persona percepita come intrusa. Quando si è avvicinato al cancello ha però posato l’arma ed è uscito disarmato”, ha concluso l’avvocato che ha interpretato quel gesto come di legittima difesa, aggiungendo che il querelante non era parso spaventato dato che nonostante l’arma aveva invitato l’altro a uscire e affrontarlo. L’interpretazione però è stata rigettata dalla giudice che ha condannato l’imputato a due mesi di reclusione e al pagamento delle spese processuali.