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Domenica 16 marzo 2025

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Un’arte che chiede all’uomo d’essere umano

L'opera di Luigi Stoisa di Selvaggio di Giaveno ma grande frequentatore della provincia di Cuneo, oggi in mostra a Roma

Giaveno

La Guida - Un’arte che chiede all’uomo d’essere umano

Luigi Stoisa nasce a Selvaggio di Giaveno (Torino) nel 1958, dove attualmente vive e lavora.
È considerato uno degli artisti italiani più importanti della nostra epoca sopratutto per la sua poetica sempre legata al mutamento della materia che inesorabile modifica forme e immagini.  La sua attività artistica ha inizio a partire dalla fine degli anni ’70 quando ancora era studente all’Accademia di Belle Arti di Torino, dove consegue il Diploma di Pittura. Ha esordito nel 1984 con la sua prima mostra personale nella Galleria Tucci Russo di Torino. La sua ricerca ha così inizio negli anni Ottanta, l’epoca del post-modernismo ed è proprio a questo periodo che risalgono le sue prime opere “mature”.
Da allora tutta la sua poetica è sempre stata legata al mutamento della materia. Al centro della scena è il catrame, presente in molte opere, che trasforma se stesso e i materiali intorno a sé. Stoisa tuttavia lavora con molti altri materiali sperimentando tecniche sempre nuove, dalla pittura, declinata in molte forme, alla scultura, in terracotta e in bronzo, alle installazioni polimateriche, al disegno, “prima forma dell’idea”.
È stato protagonista di importanti eventi espositivi personali e collettivi in sedi quali Fundación Joan Miró di Barcellona, De Appel Foundation di Amsterdam, Museo d’Arte Moderna e Contemporanea di Nizza, Neue Nationalgalerie di Berlino, Reggia di Caserta (Italia, 2005), XVIII Biennale di Scultura di Carrara, The Frost Art Museum di Miami, Palazzo Chiablese di Torino, Reggia di Venaria.
Vincitore di premi per la realizzazione di sculture di arredo urbano e di edifici pubblici: 1° Premio Umberto Mastroianni (Torino, 1996), installazioni luminose per Luci d’Artista (Torino, dal 1998 a oggi), sculture in bronzo per la Biblioteca Italo Calvino (Torino, 2008), realizzazione della Porta Santa per il Duomo di Torino (2015).
A Cuneo con grandArte ha esposto una doppia mostra “La gradne sete” nel 2024 ma a Cuneo è stato presente fin dagli anni ’90: una prima mostra alla galleria Confini nel ’93, con Alberto Burri, Lucio Fontana, Jannis Kounellis ed altri, poi nel ’95, ancora a Confini, per testimoniare la drammatica alluvione del Tanaro dell’anno prima, dopo ancora prendendo parte a due edizioni della Via del sale, promosse da Il Fondaco di Bra e con la curatela, quella del 2003, di Nico Orengo, ma soprattutto, da allora, segnando una presenza costante e frequentando il Jazz Club, storico locale di musica e arte nel centro storico della città, a due passi proprio da San Francesco, assieme ad altri grandi artisti come Piero Ruggeri, Marco Gastini, Gilberto Zorio, che tra il resto avevano insegnato nei primi anni nel locale Liceo Artistico Ego Bianchi.
“Le sue opere sono perentorie – scrive l’amico Mario Turetta, segretario generale del Ministero della Cultura che nel catalogo ha curato l’introduzione -. La ghisa, il catrame, la materia che divora il colore e questo che morde perché è destinato a scomparire; certi suoi disegni accartocciati e resi pelle viva, eppure fossile; un cromatismo bollente e furioso delle ceramiche, una visione che sembra affetta da metamorfosi perpetua e che pure continua a cantare, a mostrare qualcosa di inaudito che il mondo ancora non riesce a capire. Ecco, il segreto vero di Luigi Stoisa è che la sua arte tragica sia di fatto un esercizio spirituale davanti allo straordinario enigma dell’esistenza. Guardare queste opere sarà come sperimentare quanto i nostri pensieri restino vani se non fanno i conti con la mortalità; e quanto, però, siano essenziali se ammettono che l’arte sia ancora un atto di contemplazione che azzera il niente per esaltare il tutto, come nel primo giorno della creazione.  L’arte di Luigi può essere brutale, seria, selvaggia, incapace di dialettica e a tratti votata solo ad una mossa morale. Eppure, è un’arte pulita, mai ambigua, né retoricamente incerta; dico che è un’arte che chiede all’uomo d’essere umano e al lavoro delle mani e della mente di essere un laboratorio utile e aperto, mai segregato nell’intellettualismo o peggio negli automatismi delle consorterie dell’arte contemporanea”.
“Vi è una dimensione filosofica e spirituale che caratterizza l’arte di tutti i tempi e di tutti i luoghi e vi sono alcuni artisti, come Luigi Stoisa, che sono in grado di accedere in maniera profonda e istintuale a questa dimensione fondante e sotterranea dell’estetico – scrive il curatore della mostra Roberto Mastroianni -. Quando ciò accade siamo in presenza di una ricerca esistenziale, che prende la forma più o meno esplicita di un misticismo laico e che si esprime in peculiari e personali filosofie dell’arte, che innervano e guidano la produzione artistica, permettendo la connessione con quella specie di “anima del mondo” da cui emergono il senso e il significato che danno forma alla nostra stessa esistenza”.

Oggi è uno degli autori che è in mostra a Roma a Castel Sant’Angelo nella mostra “L’arte dei Papi, da Perugino a Barocci” appena inaugurata il 5 marzo e che sarà visitabile fino al 31 agosto.

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