C’è una constatazione diffusa che il libro si impegna a smentire: “La vita di una piccola comunità lontana centinaia di chilometri dal Fronte ha ben poco da offrire ad una penna a caccia di alte rese”. La piccola comunità è Moiola a cui l’autore restituisce dignità di pubblicazione e di ricordo nella sterminata editoria sul primo conflitto mondiale. Lo fa secondo una logica che non ha nulla di eclatante, mentre afferma con decisione la dimensione umana spesso dimenticata.
Cos’è stata quella guerra per il piccolo paese all’imbocco della valle Stura? Più di un terzo della sua popolazione spedita al fronte, trentatre giovani morti, questa è la realtà tangibile che è penetrata in quella comunità in tutta la sua drammaticità. Numeri certo esigui rispetto ai milioni non più tornati dalle trincee. È proprio questa esiguità che rinnova il senso del ricordare. In un paese come Moiola dove tutti si conoscevano, quella guerra aveva nome e cognome di questi giovani: “avevano tutti un ruolo in quella piccola comunità”, ricorda l’autore.
È questa dimensione umana che rende meno opaco il ricordo: “la storia qualche volta mantiene e conserva, ma molto più spesso dimentica e delle vite che si spengono non rimane traccia”. Scrivere queste “piccole storie” non è solo dare voce a persone scomparse, è anche ridisegnare un altrettanto piccola pagina di storia e magari vedere da nuova prospettiva gli anni della Grande Guerra. “Non scrivere cose interessanti, ma far emergere vite”, annota l’autore.
Il primo capitolo, dedicato alla vita amministrativa degli anni di guerra, sembra confermare quella lontananza dei cannoni. C’è il ponte sullo Stura da ricostruire, un nuovo orologio, una concessione mineraria. Eppure qualcosa è rapidamente cambiato. I sussidi alle famiglie bisognose votati in Consiglio comunale dimostrano che le difficoltà sono cresciute. La guerra si è portata via molte braccia da lavoro e per l’economia agricola del tempo significa povertà se non fame. Intanto i mesi sono scanditi dai nomi dei caduti. Alla fine sono trentatre a ognuno dei quali il libro riserva uno spazio per ricordarne la vita.
Per tutti l’autore segnala le difficoltà nel reperire informazioni. C’è l’atto di nascita che certifica la loro “presenza nel mondo”. Poi un silenzio di vent’anni che è il periodo più intenso, più aderente alla vita di questi “bambini della lapide” di cui paradossalmente si sa pochissimo. Ancora una volta è l’ordinaria semplicità del vivere in questa piccola comunità a stendere un velo di silenzio squarciato nei giorni della mobilitazione del maggio 1915, quando verosimilmente c’è una drammatica vivacità nelle strade del paese. Il resto è custodito dai nomi sulla lapide del cippo in piazza cui il libro dà voce.
Il prezzo pagato da Moiola alla Grande Guerra
di Guido Fantino
Editrice Primalpe
euro 15