Salvo colpi di scena (assai improbabili, al momento) il 5 gennaio è stato l’ultimo giorno di apertura per il più grande zoo marino d’Europa, Marineland di Antibes (situato a Villeneuve-Loubet, per la precisione), attivo del 1970, che ospita tuttora circa 4.500 animali.
Restano senza lavoro 103 dipendenti, tra cui molti con professionalità uniche. La situazione è particolarmente grave per gli addestratori di delfini ed orche, che se vorranno proseguire questa attività dovranno trasferirsi all’estero, in quanto (in base ad una legge del 2021) dal 1° gennaio 2026 gli spettacoli di cetacei saranno vietati in tutta la Francia.
Proprio questo divieto è la causa fondamentale della chiusura del parco, in quanto – come affermano i proprietari – il 90% dei visitatori veniva a Marineland proprio per assistere agli spettacoli. Ma i costi della struttura sono enormi (un’orca mangia dagli 80 ai 100 kg di pesce al giorno, un leone marino ne mangia 40 e così via per ogni esemplare delle molte specie presenti, tra cui anche numerosi pinguini antartici) e pensare di proseguirla senza spettacoli è praticamente impossibile; tantopiù che dopo la pandemia Covid-19 si è già assistito ad un drastico calo delle presenze annue, che da più di 1 milione sono scese a meno di 500.000, sicché la situazione economica del parco era già di per sé estremamente critica. Resterebbero soltanto gli spettacoli delle otarie, fintanto che non verranno vietati anche quelli.
Il dibattito più acceso è quello che riguarda le due orche superstiti, dopo che nel giro di 5 mesi (tra novembre 2022 ed aprile 2023) si era registrato il decesso di due orche, che aveva destato sospetti in quanto intervenuto subito dopo la legge che ha previsto l’abolizione degli spettacoli. Le autopsie svolte sui due cetacei hanno comunque chiarito che si è trattato di eventi accidentali (una ha ingerito un minuscolo pezzo metallico che le ha causato delle lesioni interne e l’altra è stata vittima di un batterio presente nell’acqua marina che alimenta le vasche); del resto, era assurdo pensare a delle morti volute, considerato che – come detto – le orche non solo assicuravano finora una buona parte dei ricavi, ma costituiscono anche un patrimonio, essendo le ultime rimaste in Francia e tra i pochi esemplari in cattività rimasti al mondo.
Peraltro, i delfini sono tutti in buona salute e nel corso degli spettacoli traspare l’estrema sensibilità con cui gli addestratori si occupano dei cetacei; tanto che c’è da interrogarsi se davvero il divieto degli spettacoli fosse necessario, considerato che essi hanno permesso a milioni di persone di conoscere questi animali e di apprezzare la loro intelligenza, imparando ad amare le due specie di animali, che soprattutto per quanto riguarda le orche sarebbero rimaste del tutto sconosciute ai più. Al punto che la vera meraviglia era destata non tanto dalle evoluzioni che i cetacei sono in grado di compiere, quanto piuttosto dalla incredibile capacità di comunicazione che essi sono in grado di instaurare con gli esseri umani, rispondendo ai segnali che gli vengono rivolti ed anche manifestando il piacere di essere a contatto con gli istruttori. Ed in ragione di ciò si può dire che i pochi esemplari presenti in cattività a Marineland avevano un’importanza incommesurabile per sensibilizzare i milioni di visitatori all’importanza della tutela degli altri esemplari che vivono in mare aperto, avendo quindi un ruolo indiretto di estrema importanza, che non si esauriva nel divertimento suscitato dallo spettacolo di cui erano protagonisti.
Del resto, Marineland gestiva anche una fondazione con dei programmi di tutela per la fauna selvatica (in particolare le tartarughe marine), come fanno ormai tutti gli zoo, consci del fatto che l’ambiente naturale è sempre più pericoloso per gli animali che vi vivono e che a lungo andare molte specie sopravviveranno, di fatto, solo negli zoo o grazie agli zoo (basti pensare, tra tutti, alla sorte delle tigri, di cui esistono soltanto più 5.000 esemplari in libertà, in costante diminuzione, a fronte di 9.000 in cattività).
La direzione di Marineland avrebbe trovato degli acquirenti per le due orche superstiti (un parco giapponese, che pare abbia offerto 2 milioni di Euro; e uno delle Canarie), ma gli animalisti vorrebbero che venissero rilasciate in un’area protetta di fronte alla costa canadese; soluzione quest’ultima che lascia perplessi, considerato che si tratta di due animali già nati in parco acquatico e che, quindi, oltre a non avere mai cacciato non hanno nemmeno mai nuotato in mare, sicché le loro possibilità di sopravvivenza in pieno oceano sono alquanto dubbie. Più in generale, il problema adesso è capire con quali soldi Marineland potrà alimentare i suoi 4.500 animali, fintanto che non li trasferirà tutti altrove. Un piccolo spiraglio per scongiurare la chiusura immediata sembrava ancora esserci (anche per tutelare i 103 dipendenti), dato che comunque il mese di gennaio è sempre stato quello di chiusura annuale del parco; ma le possibilità che riapra a febbraio sembrano al momento davvero minime.