Mic 5,1-4a; Sal 79; Eb 10,5-10; Lc 1,39-45
Maria s’incammina per andare a trovare la cugina Elisabetta.
Incontro che nella narrazione di Luca riprende l’episodio del re Davide, il quale, dopo aver unificato tutto il Regno d’Israele, per festeggiare decide di portare l’Arca dell’Alleanza, che contiene la Legge divina, a Gerusalemme. E quando l’Arca entra nella città santa, Davide si mette a danzare.
Nel racconto di Luca, Maria diventa la nuova arca dell’Alleanza che porta dentro di sé non solo la Legge divina ma Dio stesso e il Battista danza nel grembo di Elisabetta.
Origene (III sec.) affermava che l’immagine più bella del cristiano è quella di una donna gravida che porta in sé una nuova vita e che il cristiano passa nel mondo portando nella propria esistenza un’altra vita, quella di Gesù Cristo.
Alla luce di questo, l’episodio della Visitazione può invitare a riflettere sul come visitare l’altro.
Dei monaci francesi avevano dedicato il loro monastero, l’Abbazia di Tibhirine in Algeria, alla Visitazione. La loro storia ha avuto una bella trasposizione cinematografica nel film Uomini di Dio, del 2010.
L’incontro tra Maria ed Elisabetta esprimeva bene il loro servizio, quello della Chiesa nella terra dell’Africa del Nord, ambiente prevalentemente mussulmano.
Maria va a trovare Elisabetta portando dentro di sé la buona notizia di un bimbo nel grembo. Possiamo immaginare l’imbarazzo di Maria che non sa se questo segreto bisogna dirlo o tenerlo nascosto, e se sì, come dirlo.
Padre Christian de Chergé, priore dell’Abbazia di Tibhirine, ucciso con altri sei monaci trappisti nel maggio 1996, scriveva: «L’imbarazzo di Maria è anche il nostro. Anche noi siamo venuti in Algeria un po’ come Maria, innanzitutto per rendere un servizio: questo è il primo intento di Maria. Ma noi monaci, come Maria, non siamo solo lì per aiutare, ma anche per portare una buona notizia che è il Vangelo. E come fare a dirla?».
Il primo passo sul «come visitare» è questo: «Maria, entrata nella casa, salutò Elisabetta».
È necessario «entrare», andare incontro alle persone, avvicinarsi, bussare.
La parola «salutare» contiene una promessa di salute per le relazioni, per la salvezza negli incontri.
«Maria salutò Elisabetta»: quel semplice saluto ha fatto vibrare il bimbo che Elisabetta aveva in grembo. A volte, nel fare visita all’altro non sai che cosa dire ed è l’altro che parla per primo, che reagisce alla tua presenza, al tuo semplice saluto.
Il secondo passo: benedire.
Elisabetta…esclamò: «Benedetta tu fra le donne». Certi saluti, in casa cristiana, hanno un esordio, o una conclusione, benedicente: «Pace e bene», oppure: «Dominus Tecum» (Il Signore sia con te), o «Deo gratias». Dire a qualcuno «sei benedetto» significa riconoscere che Dio abita anche in quella persona.
Come già detto, questo brano evangelico può aiutarci ad interrogarci se abbiamo voglia di portare ad altri il lieto annuncio del vangelo e sul come portarlo, rispettando l’altro ma senza nascondere la bella notizia che vuoi far conoscere.
In genere si pensa che il modo comune di proclamare la fede sia ad alta voce.
Maria, invece, comincia andando a comunicare la notizia a sua cugina all’interno di una conversazione quotidiana, in un ambiente familiare.
Pare che per noi oggi sia faticoso parlare di Dio nelle conversazioni di ogni giorno. Forse non osiamo, non riusciamo a trovare le parole. Dovremmo pensare a come dire Dio nella quotidianità senza relegare il parlare di Lui a momenti particolari o a luoghi, edifici dedicati dalla tradizione a quello.
La testimonianza della «visitazione» dei monaci di Tibhirine è stata un segno, un «sussulto» che ha dato inizio ad una moltitudine di Magnificat ovunque nel mondo, a cominciare da quell’«altro», prossimo, che aveva ricevuto quella visita.
Nell’immagine: Bill Viola, uno dei più grandi protagonisti della Videoarte, dalla metà degli anni ’90 guarda ai grandi maestri della pittura del passato, con il proposito di sostituire pennelli e colori con i mezzi che danno forma e voce alla nostra contemporaneità: il tubo catodico, ieri, e il digitale, oggi. Il primo frutto di questa ricerca è il video The Greeting (Il saluto), presentato alla Biennale di Venezia del 1995. L’opera è ispirata a La Visitazione del Pontormo. L’esponente del Manierismo italiano raffigurava nel suo dipinto l’incontro tra Maria ed Elisabetta. Bill Viola invece non narra un episodio biblico, bensì mostra semplicemente un incontro. Nel video due donne sono impegnate in una conversazione. Dopo qualche minuto entra in scena una terza figura femminile che interrompe il dialogo. Quest’ultima si avvicina alla più giovane del gruppo, le sussurra qualcosa all’orecchio ed infine si abbracciano. Così l’artista italoamericano cattura lo spirito del Pontormo e lo fa rivivere alla luce della contemporaneità, intensificando gesti, movimenti ed emozioni dei personaggi, i quali vengono spogliati della loro simbologia religiosa, ricontestualizzati in una nuova dimensione. Quello che Viola ci mostra è l’emozionante visione di un incontro.