Loredana Sasia, segretaria generale FLAI CGIL Cuneo e Piertomaso Bergesio, segretario generale Cgil Cuneo, esprimono il loro parere inc seguito alle sentenze sul caso del caporalato nelle Langhe
Scrivono i sindacati:
Una settimana fa siamo stati sorpresi dalla velocità e dall’esito della sentenza che ha visto coinvolti i caporali che hanno sfruttato e picchiato dei lavoratori impegnati nella vendemmia 2023 nelle terre di Langa e Roero.
Nel rispetto dell’operato della Magistratura di Asti restano in sospeso alcuni interrogativi che riguardano le vite e la dignità delle persone sfruttate e la responsabilità delle aziende utilizzatrici che si rivolgono alle imprese e alle cooperative di intermediazione di manodopera.
Sul primo punto siamo in attesa di capire se è stata prevista un’azione risarcitoria nei confronti delle vittime. Ricordiamo che sono lavoratori che hanno esistenze precarie e proprio per questo finiscono in mano a persone spregiudicate che non si fanno scrupolo di fare leva sulla loro condizione, ricattandoli sui permessi di soggiorno, offrendo loro paghe da fame e sistemazioni indegne di un essere umano dal punto di vista igienico sanitario.
I soldi non risolvono tutto ma auspichiamo che siano stati previsti degli indennizzi economici in favore delle vittime che compensino almeno in parte le privazioni subite e che servano anche come deterrente per gli imputati. Come detto, parliamo di persone spregiudicate che hanno dimostrato di non avere alcun rispetto per altri essere umani e che, temiamo, continueranno a perseverare nell’idea di poter vivere sulle spalle di lavoratori senza diritti.
Sul secondo punto continuiamo a pensare che le aziende non possano sottrarsi alla loro parte di responsabilità per quel che accade sulle loro terre.
Davvero è credibile che in comunità relativamente piccole, dove tutti si conoscono, i titolari delle aziende non sappiano a chi affidano gli appalti? Purtroppo i caporali sono ben inseriti nel sistema nel quale operano da anni. Vivono nei paesi della Langa e del Roero e si muovono con disinvoltura con i loro furgoni per trasferire dalle zone di raccolta (stazioni ferroviarie e dei pullman, centri di accoglienza straordinaria per migranti) centinaia di lavoratori che vengono alloggiati in sovrannumero in case e cascinali sparsi nelle nostre colline e sfruttati nelle vigne.
Anche nelle nostre terre dobbiamo rassegnarci al fatto che nessuno veda, nessuno senta, nessuno parli?
In questi mesi abbiamo discusso con produttori che invitano a non generalizzare il fenomeno del malaffare e dello sfruttamento. Crediamo che per distinguere chi opera correttamente da chi sfrutta donne e uomini per guadagnare più soldi senza preoccuparsi delle loro condizioni di vita e facendo finta di non sapere e vedere, serva uno scatto dell’intera comunità. Servono legalità, rispetto della dignità di ogni essere umano e il riconoscimento del contributo che ogni singolo lavoratore dà alla crescita economica del territorio, ricordandosi che non c’è vera crescita se la stessa non permette di migliorare le condizioni sociali e civili di tutte le persone coinvolte. Serve una rete di produttori, istituzioni, associazioni che collabori realmente per estirpare una piaga che prima di danneggiare l’immagine di un prodotto e di un territorio sta da anni mortificando la dignità di persone senza diritti.